N°32 Classe dirigente

«Non sposo alcun progetto politico, ma se le condizioni lo richiederanno io ci sarò». Queste le parole con cui il presidente del consiglio ha lanciato di fatto la sua candidatura alla guida di un governo Monti-bis. Forti pressioni in tal senso arrivano dall’Europa, dai mercati finanziari, dai grandi imprenditori. Al di là della facile ironia sui tecnici imprestati alla politica che poi ci prendono gusto, pen­siamo che non sia una buona notizia. Riconosciamo a Monti il merito di aver ridato all’Italia dignità e prestigio internazionale, ma ribadiamo il giudizio critico sulle sue politiche di austerità a senso unico, di rigore senza equità, attente al volere dei mercati più che ai bisogni del paese. Pensiamo che all’Italia serva ben altro per risollevarsi: ritrovare il filo di un sentire comune, raccogliere le sue forze migliori attorno a un progetto di cambiamento capace di guardare al futuro; smettere di essere un paese sotto tutela, darsi un norma­le governo politico. Un governo legittimato dal consenso popolare attraverso libere elezioni, perché questa è la regola della democrazia che i fautori del Monti-bis sembrano ignorare. Nella disponibi­lità offerta dal professore c’è un approccio poco rispettoso del paese e delle sue energie. Perché quell’annuncio in inglese da Wa­shi­ngton, dai salotti del capitalismo internaziona­le, anziché nella nostra lingua e guardando negli occhi i suoi concittadini? Ci vorrebbe meno distanza dal paese reale, dalle sue sofferenze e speranze. Guardare da vicino l’Italia che sta andando alla deriva e quella che resiste. Perché c’è l’Italia dei Batman, una classe dirigente immorale che dilapida i soldi pubblici in feste e vacanze; ma c’è anche un’altra Italia e un’altra classe dirigente. Per esempio quella riunita sabato scorso a Torino su iniziativa della Fondazione Con il Sud e del Forum del Terzo Settore. Associazionismo, volontariato, imprese sociali del sud e delegazioni da tutto il paese, fondazioni bancarie e istituzioni locali. Nord e sud che dialogano, si scambiano esperienze concrete, imparano a fare rete, ragionano di educazione, beni confiscati, sviluppo locale, altra economia. Un terzo settore politicamente maturo, che non si sottrae alle responsabilità. Gente abituata a sporcarsi le mani, che si mette a disposizione del paese e pretende che faccia altrettanto chi ha responsabilità pubbliche; che sa di essere un pezzo di classe dirigente e non é più disposto a delegare la propria rappresentanza.