Progetti, sogni e speranze nonostane tutto : L’Aquila sei anni dopo

Di Ciro Cannavacciuolo, Arci L’Aquila e circolo Arci Querencia.

La sera, con il buio, appare tutto più chiaro. Perché, se si osservano di sera le finestre delle case appena ristrutturate,  è davvero impressionante notare quante poche luci sono accese. È da un po’ che mi chiedo: «Ma dove sono le persone che abitavano qui?». La periferia, perché, sia chiaro è di questa che parliamo, lentamente riprende forma, uguale nel bene e nel male a quella di prima, e percorrendola c’è da chiedersi se non fosse stato il caso di ‘approfittare’, come tanti urbanisti avevano auspicato, del terremoto per riqualificarla con infrastrutture e servizi. Ma non è stato e non sarà così. Basta pensare al destino dei  manufatti del progetto C.A.S.E., oggi fatiscenti e domani allora? Cosa potranno mai essere, chi li potrà mai abitare? E il centro? Il centro è ancora tutto ingabbiato. Prigioniero come in un incantesimo. Lentamente, inspiegabilmente a macchia di leopardo, avanzano i lavori dei cantieri, ma contrariamente a quello che si era sempre dichiarato, e cioè che sarebbe stato indispensabile organizzarsi per zone, a partire dall’asse centrale della città, resta un mistero questa scelta partorita tra solite burocrazie e clientelismi.

Il sindaco, forse perché più provato di tutti i suoi cittadini da questa  lunga e logorante attesa, sembra in stato confusionale ed alterna dichiarazioni dai contenuti e sentimenti opposti. Nei giorni pari straborda ottimismo, dichiarando che i soldi ci sono e non aspetta altro che migliaia di ‘braccia’ per restituire entro due anni  agli aquilani  uno dei «più bei centri storici del mondo», ma ahimè nei giorni dispari l’umore cambia, e così i soldi scompaiono insieme ai sogni. Intanto la magistratura continua incessante il proprio lavoro. Si susseguono arresti e rinvii al giudizio, non solo di imprenditori impegnati nella ricostruzione sospettati di collusioni mafiose, ma anche di poliziotti e addirittura del comandante della stazione carabinieri.

Questa città, temo, non sarà mai più la stessa, qui si vive male e in un luogo dove le persone sono tristi vince l’infelicità e la depressione. Ma non posso  negare che, nonostante tutto questo triste quadro, qualche luce c’è e si fa largo in quel mondo sommerso, quello delle persone libere, vittime sì, ma libere da apparati. Mi riferisco a quel mondo dove siamo abituati a muoverci, il più delle volte nonostante tutto, liberando energie indomabili e come sempre nonostante tutto, a realizzare progetti, sogni e speranze. Questo mondo è il nostro mondo. Quel mondo dove l’Arci è in prima fila, ma di ciò che l’Arci sta realizzando qui vi invito a leggere l’articolo di approfondimento in pagina.

ArciReport, 10 aprile 2015