Reddito di dignità: una buona legge per contrastare povertà e mafie

Di Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale Miseria ladra, Libera/Gruppo Abele.

Nelle previsioni Eurostat del 2005, si indicava l’Italia come «uno dei Paesi Ue con il più elevato rischio di povertà. Senza interventi sociali e di sostegno al reddito il rischio di povertà e disagio sociale ed economico potrebbe avere effetti devastanti». Dal 2008 al 2014 la crisi, secondo i dati Istat, ha quasi triplicato i numeri della povertà relativa ed assoluta. Sono infatti 10 milioni le persone in povertà relativa, il 16,6% della popolazione complessiva, ed oltre 6 milioni, il 9,9% della popolazione, in povertà assoluta. Ma dobbiamo comprendere nel computo finale anche tutte quelle fasce sociali a rischio povertà: dai working poor (oltre 3,2 milioni) ai precari, dagli over 50 senza lavoro alle donne, dai migranti ai giovani, dagli anziani a coloro che hanno difficoltà abitative il numero dei soggetti a rischio potrebbe aumentare in maniera esponenziale. In questi ultimi anni inoltre è stata erosa quella redistribuzione economica intrafamiliare che a lungo ha sorretto persone in difficoltà economiche. Poche settimane fa il rapporto Social investment in Europe, preparato dall’European social policy network, ha bocciato il welfare italiano. Nel documento viene evidenziato come «la riduzione delle risorse per i servizi pubblici e le amministrazioni locali causi una decrescita degli investimenti nel welfare» e la mancanza di un reddito minimo garantito dimostri «l’assenza di una strategia complessiva nei confronti dell’indigenza e dell’esclusione sociale». È drammatico constatare che in una situazione in cui è raddoppiata la povertà e sono esplose diseguaglianze e precarietà, siano state tagliate del 58% le risorse destinate al Fondo Nazionale per le politiche sociali se si prende a riferimento il 2008. Quando si tagliano il welfare e i fondi per gli enti locali, quando molti dei diritti sociali vengono messi in discussione, è evidente che la povertà aumenti e che si rafforza la ricattabilità dei cittadini. Più la povertà aumenta, più le diseguaglianze si ampliano, più le mafie e la corruzione si rafforzano. C’è dunque un nesso tra mafie e povertà. È urgente avviare una stagione in grado di individuare nuovi strumenti e nuovi diritti per la protezione sociale e delle persone in difficoltà. Per questo abbiamo inserito al primo punto del manifesto di Contromafie la necessità di introdurre il reddito minimo o di cittadinanza e abbiamo lanciato insieme al Gruppo Abele la campagna per il Reddito di Dignità, alla quale aderiscono tantissime realtà del sociale, studentesche e sindacali. Lo abbiamo chiamato Reddito di Dignità perché crediamo sia questo il grande tema su cui costruire l’uscita dalla crisi. Dinanzi ad una crisi culturale che ha messo in discussione l’etica individuale e collettiva, il nostro impegno va alla costruzione di un ‘noi’ capace di rigenerare un pensiero collettivo ancorato ai valori della Costituzione. A partire da quel ‘super valore’ che ha declinato tutti gli altri: la dignità umana. Il riconoscimento e il raggiungimento della intangibilità della dignità umana sono il fine ultimo della Carta costituzionale. I diritti sono lo strumento per renderla prescrittibile e per garantire la giustizia sociale, che rappresenta la precondizione per sconfiggere le mafie. Ed è proprio per garantire la dignità che crediamo sia importante impegnarsi per ottenere anche nel nostro paese l’istituzione di questo strumento ormai attivo in 25 dei 28 paesi dell’Unione, con la sola esclusione di Grecia, Bulgaria ed Italia. Gli elementi essenziali che caratterizzano la nostra proposta sono: 1) che venga dato a tutti coloro che stanno sotto il 60% del reddito medio del paese, compresi quanti sono in formazione così da combattere la dispersione scolastica ed universitaria; 2) che vi sia congruità dell’offerta lavorativa in cambio del reddito e non obbligatorietà di lavoro purchè sia; 3) che il reddito minimo o di cittadinanza sia individuale; 4) che sia riservato ai residenti sul territorio nazionale. A chi ci chiede perché sosteniamo il reddito di dignità diciamo che serve per contrastare la povertà, perché ce lo chiede l’Europa dal 1992 con molte risoluzioni e perché è già uno strumento attivo in quasi tutti i paesi dell’Unione, per contrastare il ricatto esercitato dalle mafie sui soggetti ai margini, per garantire sicurezza a coloro che non possono lavorare o accedere a sistemi di sicurezza sociale ed infine perché avrebbe straordinari effetti positivi sull’economia. Su quest’ultimo punto è proprio una risoluzione europea del 2010 che ci ricorda come anche in periodi di crisi i regimi di reddito minimo non andrebbero considerati un costo ma un elemento centrale della lotta alla crisi. La questione dunque non è legata alle risorse, bensì alle priorità politiche. Vale la pena ricordare come le priorità le stabilisca la Costituzione che ha indicato come la ripartizione dei fondi debba garantire prima di tutto il diritto al lavoro, all’istruzione e alla salute. Alla campagna hanno aderito tutti i deputati del M5S, di Sel e pezzi importanti del PD ci stanno manifestando la loro disponibilità a costruire un’unica proposta per far diventare legge il reddito di dignità. Ma ovviamente questo non basta. Per raggiungere una maggioranza dobbiamo convincere della bontà della proposta il maggior numero possibile di parlamentari, a prescindere dagli schieramenti politici. Ci siamo dati 100 giorni dal lancio della campagna attraverso una petizione sul sito www.campagnareddito.eu per ottenere la calendarizzazione e la discussione in Senato della proposta. Grazie all’impegno di tutti in questi primi 62 giorni di campagna, il risultato oggi ci appare molto meno irraggiungibile. Si è aperto un dibattito pubblico. Molti comuni stanno aderendo direttamente alla campagna attraverso delibere con cui si impegnano a sostenere le nostre proposte e tantissime sono le iniziative in programma sino a fine giugno. In queste ultime settimane sarà fondamentale l’impegno ed il sostegno di tutti e tutte per far sì che il Parlamento italiano approvi una buona legge per contrastare povertà e mafie.