In piazza l’arretratezza e l’inciviltà

Di Maria Chiara Panesi, coordinatrice nazionale Arci Laicità e diritti civili.

Family Day: 1 milione di persone in piazza, 400mila per chi verifica la capienza degli spazi. Ma questa diatriba scorre in secondo piano, una presenza massiccia, visibile ed organizzata ha sfilato per le strade di Roma per difendere la famiglia tradizionale contro l’ideologia gender. Questo lo striscione sul retropalco in Piazza San Giovanni:«Difendiamo i nostri figli, stop gender nelle scuole». Gli slogan gridati, gli striscioni che sfilano e i cartelli alzati dai partecipanti ci fanno percepire molto chiaramente che si è trattata di una vera e propria chiamata alle armi per l’intero fronte cattolico, radicale nelle idee e nelle proposte. Molti i temi messi sul tavolo, pericolosamente semplificati e messi in correlazione, dal ddl Cirinnà al matrimonio egualitario, dalle adozioni gay all’utero in affitto, dall’aborto al fantomatico complotto gender. Siamo l’unico paese oltre alla Grecia a non prevedere nei piani didattici un’ora di educazione sentimentale, l’art 14 della Convenzione di Istanbul ci chiede di introdurla riconoscendola uno strumento prezioso per la prevenzione della violenza sulle donne, dell’omofobia e del bullismo, uno strumento prezioso per veicolare rispetto delle diversità, rispetto per gli altri cittadini. Questi gli intenti. Ed invece il lavoro contro la discriminazione e contro gli stereotipi di genere, viene completamente stravolto in un clima da caccia alle streghe, e così le linee guida dell’OMS vengono ridicolizzate ad un sunto delirante, come se la comunità scientifica fosse improvvisamente impazzita. Tra i molti slogan gridati non sono passate inosservate le parole vergognose pronunciate da Kiko Arguello, che introduce il tema del femminicidio adducendo come una delle cause il fatto che alcune donne non amano più il proprio marito facendolo cadere nel dolore profondo. Parole disgustose, tanto più disgustose se pronunciate dal palco di Piazza San Giovanni di fronte a 400mila persone, che però lanciano ragionevoli dubbi sulle modalità di comunicazione, sulle campagne allarmistiche lanciate da quel palco. La macchina che si è messa in moto sta utilizzando strumenti di gravissima pericolosità, costruendo vere e proprie campagne di disinformazione e alimentando un clima di allarme generalizzato. Idee e parole d’ordine radicali, che fanno piombare il nostro paese improvvisamente nel Medioevo e che segnano in qualche modo un punto di non ritorno ed uno spartiacque, tra civiltà ed incivilità, tra arretratezza e modernità, tra promozione dei diritti ed esclusione. Lo spartiacque è stato tracciato, adesso sta a noi, alla società civile e ai singoli cittadini, a chiunque si riconosce nei valori dell’uguaglianza, del progressismo e della giustizia sociale costruire una risposta ampia e plurale, diffusa ed articolata nel segno del cambiamento. Lo spartiacque per noi è oggi è difendere la laicità dello stato, di uno stato che riesca a tutelare in egual modo tutti i cittadini e che promuova l’accesso universale ai diritti, la libertà, l’autodeterminazione. Laicità significa oggi sostenere l’indipendenza del pensiero da ogni principio morale ed etico, respingendo la nuova aggressione del fronte cattolico radicale che ha trovato nel Family Day un rinnovato slancio.