Hotspot: luoghi di illegalità

Il documento del Tavolo Nazionale Asilo

Noi organizzazioni aderenti al Tavolo Nazionale Asilo esprimiamo la nostra preoccupazione per la deriva fortemente negativa che rischia di caratterizzare la politica di asilo in Italia a seguito delle decisioni assunte a livello europeo per contenere il numero dei richiedenti asilo in arrivo nei paesi di prima frontiera. Negli hotspot istituiti in questi ultimi mesi a Lampedusa, Trapani e Pozzallo stiamo osservando gravissime prassi e violazioni di diritti fondamentali: respingimenti arbitrari; trattenimento coatto, senza alcun controllo giudiziario, per periodi più lunghi delle 48 ore previste dalla legge; negazione dell’accesso alla procedura d’asilo e uso della forza per l’identificazione delle persone in arrivo. La prevista apertura di hotspot a Porto Empedocle, Augusta e Taranto non potrà che aggravare la situazione. Gli hotspot sono centri chiusi istituiti in strutture già esistenti. Invece di aumentarne la capienza e migliorarne le condizioni per garantire una vera prima accoglienza, i fondi dell’UE vengono spesi per creare muri e recinti. In questi luoghi – dove attualmente si trovano 1.200 persone, ma potranno esserne trattenute fino a 2.100 – operano le forze di polizia, supportate da funzionari delle agenzie europee, innanzitutto di Frontex. Il loro obiettivo è realizzare il fotosegnalamento e distinguere arbitrariamente tra richiedenti asilo e migranti economici, senza applicare la procedura prevista dalla normativa. Sappiamo di centinaia di persone che, nonostante la volontà di richiedere protezione, hanno ricevuto decreti di ‘respingimento differito’ con l’obbligo di lasciare l’Italia entro 7 giorni dall’aeroporto di Fiumicino. Sono stati lasciati letteralmente sulla strada, privi di assistenza, esponendoli al rischio di finire nelle maglie della criminalità organizzata, sia come vittime, che come possibili complici. Questa prassi continua, nonostante l’intervento della magistratura che in molti casi ha sospeso i provvedimenti della polizia. Si segnalano anche alcuni casi di minori non accompagnati che hanno ricevuto un decreto di respingimento. Alla luce di tali episodi preoccupa il rischio di ulteriori erronee identificazioni di migranti minorenni, per la celerità con cui si devono svolgere le procedure di identificazione e in assenza di una procedura nazionale unica per l’accertamento dell’età. Osserviamo la tendenza a distinguere i migranti dalle persone bisognose di protezione solo in base alla loro nazionalità. Cittadini provenienti da paesi africani come Gambia, Senegal, Nigeria o Ghana sono automaticamente considerati ‘non rifugiati’ e pertanto non ammessi alla procedura d’asilo. Questa tendenza è anche presente nella politica europea per il ricollocamento di richiedenti asilo dalla Grecia e dall’Italia verso altri paesi dell’Unione: solo le nazionalità che nell’insieme degli Stati membri hanno un tasso medio di minimo 75% di riconoscimento della protezione si qualificano per il trasferimento in altri paesi. Questi provvedimenti negano un principio basilare, previsto dalla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati, che stabilisce che per il riconoscimento della protezione conta solo la situazione individuale, la personale esposizione a persecuzioni e violenze, non l’appartenenza a una data nazionalità. Il legislatore italiano giustamente non ha mai voluto prevedere una ‘lista di paesi sicuri di provenienza’, lasciando la valutazione delle singole domande alle Commissioni territoriali. Abbiamo rilevato che la gran parte dei migranti ha dichiarato di essere stata costretta a fuggire dal paese di origine a causa di persecuzioni politiche, religiose e sessuali, dittature, guerre civili, situazioni violente all’interno di comunità e gruppi familiari ed è considerevole il numero di vittime di torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti durante le rotte. I migranti forzati vittime di torture e maltrattamenti sono persone che, a prescindere dalla procedura per ottenere lo status di rifugiato, hanno diritto a una forma di protezione internazionale e non possono essere rimandate nelle mani dei loro torturatori. Riteniamo che il meccanismo del ricollocamento si basi su modalità di funzionamento tali da decretarne fin da principio il sostanziale fallimento. La limitazione a pochissime nazionalità, il fatto che i legami dei richiedenti asilo con un determinato paese europeo non vengano presi sufficientemente in esame, il diritto riconosciuto agli altri Stati di rifiutare l’accoglienza: tutto ciò si traduce in una logica in cui il richiedente asilo è considerato un ‘pacco’ da spostare, non una persona da proteggere e assistere nel percorso di integrazione. Il risultato del ricollocamento è perciò per ora estremamente povero, soprattutto rispetto al numero di richiedenti effettivamente ricollocati, e segnato da una grave sfiducia che, ancora una volta, favorisce il ruolo dei trafficanti per consentire l’arrivo, irregolarmente, alla destinazione auspicata. Noi chiediamo: ♦ che negli hotspot la legge italiana venga scrupolosamente attuata e che i centri tornino ad essere luoghi di prima accoglienza e di soccorso; ♦ che le persone arrivate in Italia abbiano accesso ad un’accurata informativa fornita subito dopo lo sbarco dall’UNHCR e dagli enti non governativi di tutela; ♦ che quanti manifestano l’intenzione di chiedere protezione vengano ammessi alla procedura d’asilo senza distinzione alcuna rispetto alla loro nazionalità e che vengano subito trasferiti nei centri di accoglienza del sistema SPRAR, adeguatamente potenziato; ♦ che le procedure per il ricollocamento vengano accelerate e includano un colloquio tra il richiedente e operatori indipendenti sui legami e le preferenze della persona rispetto ad altri Paesi dell’UE, legami che debbono essere presi in considerazione; ♦ che l’Italia, assieme alla Grecia, promuova rapidamente, in sede comunitaria, un approccio diverso della misura di ricollocamento che prescinda dalle restrizioni attualmente imposte, che rinunci alle discriminazioni in base alla nazionalità e che dia il giusto peso ai legami delle persone con un determinato paese.