Apuane. Beni estimati di Carrara.

«Le Apuane – si legge nell’appello che ha tra i primi firmatari l’ex vicepresidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, e con lui giuristi e intellettuali come Salvatore Settis, Adriano Prosperi, Andrea Camilleri, Moni Ovadia e Tomaso Montanari – sono una parte importante dell’ecosistema del nostro paese: è dovere dei cittadini difenderle. Ci atteniamo ai principi inderogabili della Costituzione quando le identifichiamo quale bene comune ed affermiamo che, in quanto proprietà collettiva, non sono sacrificabili all’interesse di singole imprese che asportano intere parti della montagna, con il solo fine di realizzare enorme profitto per sé, distruggendola in modo irreversibile. I principi costituzionali, giuridicamente e politicamente efficaci, individuano e fissano una gerarchia ben definita tra proprietà collettiva, pubblica e privata e pongono la tutela del paesaggio tra i principî fondamentali dello Stato. Va dunque respinto con forza ogni tentativo di privatizzazione delle cave delle Apuane. […] Un diverso modello di sviluppo nelle Apuane, assolutamente necessario e non più rinviabile, può coincidere soltanto con il riconoscimento che esse – a partire dalle cave – sono proprietà della collettività: da tutelare e non da violentare, saccheggiare e mercificare a vantaggio di pochi e a danno di tutti». I prezzi sociali e ambientali della deriva predatoria della monocoltura del marmo non sono accettabili e, soprattutto, non sono sostenibili: distruzione del paesaggio, rischio idraulico, dissesto idrogeologico, distruzione della filiera produttiva, occupazione ridotta ai minimi termini, distruzione dell’identità culturale di intere comunità. Conseguenze feroci, che sono ormai sotto gli occhi di tutti. L’ultima aggressione nei confronti di una seria politica per i beni comuni, denunciano i firmatari, si sta concretizzando con la pretesa di alcune grandi imprese del marmo e del carbonato di calcio, di rivendicare la proprietà di una parte importante dei giacimenti marmiferi di Carrara, approfittando del contenzioso aperto presso la Corte Costituzionale dal Governo contro la nuova legge sulle cave della Regione Toscana. L’appello presentato mira a respingere questo tentativo di privatizzazione delle cave, chiedendo parimenti alla Suprema Corte, che a breve sarà chiamata ad esprimersi su questo argomento, di riconoscere, in continuità con quanto già sostenuto nella sentenza del 1995 (488/1995), la nullità della pretesa di privata proprietà sui cosiddetti ‘beni estimati’. La sconfitta del progetto di privatizzazione costituisce la premessa per la riapertura di un confronto in sede locale e regionale, che affronti seriamente i temi della tutela dell’ambiente, della sicurezza del lavoro e della valorizzazione della materia prima. Questa nuova fase è indispensabile, come dimostrato dalle diffuse situazioni di illegittimità e illegalità presenti nel settore e, purtroppo, anche dal recente incidente mortale avvenuto nelle cavedi Carrara.