L’Arci nella delegazione italiana che visiterà i Campi sahrawi

Di Franco Uda, coordinatore Pace, Solidarietà Internazionale e Cooperazione.

Sono monetizzabili i diritti umani? Quanto valgono le politiche di solidarietà? C’è una merce di scambio con i valori di libertà, giustizia, democrazia? Domande pesanti, alle quali non si può soprassedere, che sono di straordinaria attualità in una congiuntura internazionale di crisi economica, di scontro di culture e civiltà, di flussi migratori. In un mondo che sembra aver smarrito la stella polare dei principi fondanti della convivenza tra esseri umani emergono sempre più spesso tentazioni egoistiche o che privilegiano l’approccio economicista. Gli stati-nazione balbettano nel ridefinire una propria identità e un ruolo che non sia la stanca riproposizione ottocentesca delle proprie prerogative, gli antichi paradigmi di un tempo che fu. Le tappe che, dalla fine della prima Guerra mondiale, hanno ridisegnato la geografia politica e delle relazioni internazionali, attraverso il Trattato di Versailles, gli accordi di Parigi, passando per la nascita dell’Onu, il consolidamento dell’Ue, la caduta del Muro di Berlino, esigono un diverso approccio delle interrelazioni tra popoli e culture da parte dei governi. I Paesi funestati dalla crisi globale stentano a essere adeguati rispetto alle pressanti sollecitazioni sociali interne – che reclamano più diritti, più democrazia, più partecipazione –  trovando nella difesa conservativa del proprio cortile la risposta più comoda e egoista ai nuovi scenari. Le sirene che teorizzano l’Europa come fortezza, la guerra come strumento diplomatico, il neocolonialismo come modalità di rapporto con i Paesi del sud del mondo, hanno facile gioco in presenza di un pensiero debole che non riesce a volare alto e a stabilire sinapsi tra elementi apparentemente distanti tra loro. Con la stessa superficialità passa l’idea che la solidarietà e la cooperazione internazionale siano un lusso che non possiamo più permetterci, stretti tra l’inadeguatezza dei sistemi di welfare nazionali e la corsa forsennata all’accaparramento di nuovi mercati. Appare quindi rivoluzionario rilanciare l’idea di una nuova stagione di diplomazia dal basso, di sostegno politico e umanitario come pratica concreta di solidarietà internazionale, di scambio culturale scevro da ogni tentazione neocolonialista. Per tutto ciò l’Arci ha aderito e parteciperà al volo speciale che porterà una delegazione italiana nei campi dei rifugiati sahrawi in Algeria e nella Repubblica Araba Sahrawi Democratica (Rasd) liberata, dal 4 al 11 aprile. Non un semplice viaggio, ma una manifestazione di solidarietà nei confronti di un popolo in esilio, in una delle zone più aride e inospitali della terra, l’unica esperienza in Africa di campi profughi gestiti dai profughi stessi, durante la quale sono state sperimentate forme di auto organizzazione, democrazia, di governo in esilio. Il programma prevede la visita alla scuola delle donne ‘27 febbraio’, ai dispensari, ai musei della guerra e della cultura tradizionale, ai centri di artigianato; incontreremo i responsabili del Fronte Polisario, i dirigenti della Rasd, gli esponenti della società civile; parteciperemo alla manifestazione al muro della vergogna, che divide il territorio del West Sahara e la Rasd.

ArciReport, 3 aprile 2015