Ismaele e ‘Giulia’ vittime dello stesso antico codice tribale

Di Ornella Pucci, coordinatrice nazionale Arci Politiche di genere.

Il terribile omicidio di Ismaele (17 anni, di Sant’Angelo in Vado nelle Marche) per mano di un giovane albanese di famiglia ben integrata, a causa della gelosia per la sua ragazza che lo aveva tradito con la vittima, ha sconvolto non solo la nostra regione ma credo gran parte della comunità nazionale. Un adolescente è stato ucciso in modo tremendo, prima legato in croce e poi sgozzato. Il delitto appare sempre più come premeditato, complici con parti diverse un amico e la ragazza. Dopo questo orrore, la comunità si interroga e i sindaci assieme alla prefettura hanno dichiarato l’intenzione di promuovere progetti atti a produrre una maggiore integrazione. Adesso, su questo tema, pare che l’unica integrazione realizzatasi sia quella di riesumare il delitto d’onore insieme al delitto passionale. Nella stessa settimana ha tenuto banco solo grazie a poche volontarie sul web e sulla stampa la sentenza di assoluzione dei 6 imputati di stupro di gruppo alla Fortezza Da Basso, ai danni di ‘Giulia’ (nome di fantasia). Della sentenza è interessante leggere gli agghiaccianti particolari. In sostanza tutti assolti perchè la ragazza è poco seria, e i maschi sono stati provocati, a partire dalle sue mutande rosse. La sentenza offende l’intelligenza di uomini e donne e ribadisce una arretratezza culturale basata su stereotipi sessisti che sembrano sopravvivere alle leggi, che così diventano astratti principi. Insomma ancora oggi, per essere riconosciute vittime di un reato di violenza, le donne devono incarnare un modello tradizionale, altrimenti perdono la credibilità, malgrado i referti medici. Le donne vittime sono sottoposte nei tribunali a umilianti interrogatori che aggiungono dolore e giudicate per stupidi dettagli come il colore della biancheria intima. Mentre guardo in tv la manifestazione delle donne a Firenze penso che i due fatti, sicuramente diversi tra loro, sono entrambi frutto di una cultura maschile violenta nei confronti della libertà delle donne e della libertà delle relazioni. Un ragazzo è stato ucciso, come per uno sgarbo grave da punire con la morte, una ragazza magari un po’ stramba si ubriaca e anzichè essere assistita il branco ne approfitta. In questo caso mi chiedo dove sia il divertimento, forse nel dimostrare agli amici la propria abilità? In entrambi i casi la donna è l’oggetto, il giocattolo sul quale si ha un potere assoluto, che si usa, e magari quando non serve più si rompe e si butta via, come in un videogioco. È ora di chiedersi cosa facciamo per dare strumenti a maschi e femmine, a partire dall’infanzia, per vivere i loro sentimenti con rispetto e libertà per sé e per gli altri, per rifiutare gli stereotipi della virilità violenta e della sottomissione femminile, ancora attualissimi. Prendersi cura della crescita emotiva e relazionale dei giovani, aiutarli nella loro educazione sentimentale significa liberarli dalla gabbia degli stereotipi di genere, e anche da frustrazioni che alimentano la rabbia che poi si trasforma in violenza. Basta con questa barbarie, ci sono voluti molti decenni per mettere in piedi un po’ di civiltà, in pochi anni siamo tornati alla preistoria delle relazioni contese con il coltello. È ora che tutte le donne e anche i maschi si sveglino e anche lo stato faccia la sua parte a partire dalla scuola.