L’ultimo giorno di occupazione sarà il primo giorno di pace

A Milano la due giorni di seminari sulla situazione israeliano palestinese.

Di Graziano Fortunato Arci Lombardia.

Due giorni di seminari sulla situazione israeliano palestinese, che in molti giudicano essere la madre di tutti i conflitti mediorientali. E quindi di conflitti che ci riguardano sempre più da vicino. Ma è anche un conflitto che ogni giorno causa morti, feriti, disperazione; che ha generato una situazione di vero e proprio apartheid nei confronti di un popolo. Un conflitto che ci deve riguardare, anche perché per analizzare gli altri e la geopolitica del Medioriente è fondamentale sapere che succede in quel pezzo di terra sacra ai più. A Milano ci sono stati due giorni eccezionali, come da anni non se ne vedevano. Con professori universitari, studiosi, attivisti israeliani e palestinesi, tante associazioni, sindacati e soggetti della società civile che si sono confrontati per cercare – sempre più disperatamente – una soluzione. Che potrebbe altrettanto essere ‘la madre’ di tutte le soluzioni. Una due giorni intitolata L’ultimo giorno di occupazione sarà il primo giorno di pace. La Sala Alessi di Palazzo Marino gremita di venerdì sera con interventi di Maltese, Bordo, Morgantini, l’Ambasciatrice Palestinese e un grandissimo Pierre Galand. Tutti i posti a sedere occupati e tanta gente in piedi. Sabato dalle nove del mattino, alla Camera del lavoro di Milano, più di un centinaio di persone per un incontro che è durato fino alle tre del pomeriggio. Tre sessioni, Il conflitto israelo/palestinese e il contesto internazionale con Alberto Negri e Michel Warschawski; Il sistema dell’occupazione con Khalil Tafaki, Oren Yiftachel e Christian Elia e l’ultima sui Movimenti di solidarietà, le reti e campagne che si possono riattivare in Italia con Sergio Bassoli, Stefano Maruca, Carlo Tagliacozzo, Mariagiulia Agnoletto, Norberto Iollini e l’associazione Randa che ha proposto una Carovana da fare tutti insieme nell’estate 2016. Una giornata in compagnia di persone come Michel Warschawski, Khalil Tafaki o Oren Yiftachel che ci hanno aiutato a capire come l’occupazione si stia trasformando in Apartheid e i confronti con il Sudafrica non siano più così lontani, persone che sono alcuni tra i più importanti esponenti della società civile democratica israeliana e palestinese. Infine, sempre sabato sera, in piazza Duomo grazie al lavoro dei ‘ragazzi’ del Cs lambretta è stato costruito un simbolico muro di una trentina di metri che ha tagliato in due la piazza. Insomma una notizia, o anche più di una. E invece nemmeno un giornalista si è visto. Nemmeno una riga uscita ad annunciare l’evento, nemmeno una intervista è stata chiesta a questi grandi e importanti personaggi. Non crediamo che sia solo l’ignoranza dell’informazione ad aver tenuti lontani i giornalisti da questa strepitosa due giorni. Crediamo che nei media italiani ci sia un problema (e non solo nei media) di sudditanza nei confronti del governo Israeliano, che di sicuro non vede di buon occhio chi prova a ragionare su un’alternativa alla distruzione di ogni possibile processo di pace in Medioriente. A noi personalmente questa cosa fa ribrezzo. Perché senza informazione, senza conoscenza, non ci può essere democrazia. Poi per fortuna, in questo caso indiscutibilmente, esistono i social network, le reti. E quindi in tanti hanno partecipato alla due giorni. Alla faccia di chi vuole che delle cose che fa il governo israeliano non si parli mai. Siamo riusciti a realizzare questa iniziativa grazie al lavoro volontario di tanti compagni e compagne e naturalmente grazie all’Arci, alla Fiom, alla Camera del lavoro, ad Assopace, a Randa e con un contributo del GUE, e naturalmente il prezioso aiuto della Comunità Palestinese in Lombardia. Un grazie particolare a Maso Notarianni per l’ufficio stampa e le foto.

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