“Radio sballottaggi”: conclusa la prima fase, 10 interviste on line

visioni distorte # 5

“anche se non guardi la televisione, la televisione ti riguarda”

Da giorni infuria sui media italiani un ampio dibattito intorno all’esistenza di un ormai celebre filmato in cui il governatore del Lazio, Piero Marrazzo, sarebbe stato ripreso all’interno di una casa privata in compagnia di un transessuale. Lo spettro di questo video ha originato una catena di eventi noti a tutti: la ”squadretta” di carabinieri che ha realizzato l’opera, e che ha già estorto assegni al protagonista, cerca di venderla sul mercato del gossip mediatico; l’opera fa un lungo giro e circola tra molte mani, fino a giungere in quelle del padrone dei media italiani, che casualmente ricopre la carica di Presidente del Consiglio; nel frattempo la Magistratura apre un’inchiesta e la notizia diventa di dominio pubblico, cosicché Piero Marrazzo è costretto a dimettersi, sprofonda in un abisso e tenta la fuga in convento, mentre i giornali e le televisioni vengono invasi da ricostruzioni, interviste, reportage, rivelazioni.

Ma il video non appare. Ha scatenato una lunga serie di avvenimenti reali eppure continua ad esistere solo virtualmente, attraverso le narrazioni dei pochi “privilegiati” che hanno potuto vederlo. Gli spettatori lo cercano facendo zapping con il telecomando o con il mouse su youtube, i direttori di molte testate sarebbero a questo punto pronti a spendere un patrimonio per accaparrarselo, ma ormai sono costretti a tenere la linea del “non proponibile”. Così c’è chi non resiste alla tentazione di produrne almeno una simulazione, ovvero creare una “falsa” riproduzione dell’opera originale:

“Anno zero”: simulazione del video su Marrazzo

A colui che si interessa di rappresentazione e percezione culturale, vengono in mente i concetti che Walter Benjamin utilizzò più di 70 anni fa per definire l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.

Sostiene Benjamin che, all’inizio del novecento, la nascita di tecniche in grado di riprodurre e diffondere in modo massivo le opere d’arte ha radicalmente trasformato la comunicazione culturale. La fotografia e il mezzo audiovisivo hanno reso obsoleta la concezione tradizionale di “autenticità” dell’opera perché ne permettono una riproduzione illimitata, in copie perfettamente indentiche all’originale: l’opera d’arte (ad esempio un quadro) non ha più bisogno di essere spostata fisicamente per essere vista, e nello stesso tempo neppure gli spettatori devono spostarsi (ad esempio recandosi in un museo) per vederla. Questo nuovo modo di diffondere le opere sarà prima incarnato in modo strutturale dal cinema (media che può proiettare contemporaneamente in tanti luoghi diversi tante copie della stessa opera) e poi definitivamente portato a compimento dalla televisione e infine dalla rete telematica.

Benjamin aveva definito questo fenomeno come perdita dell’aura, ovvero perdita di quella sensazione mistica suscitata nello spettatore dal trovarsi di fronte all’originale dell’opera.

E’ improbabile che il video realizzato dai carabinieri estorsori possa essere definito arte, ma è singolare che sia stato comunque trasformato in un oggetto capace di far riemergere un po’ di quell’aura perduta: un oggetto continuamente evocato ma assente, non accessibile al “grande pubblico”, non riproducibile con un semplice colpo di telecomando o di mouse; un oggetto che ha finito ormai per trasformarsi in un medium, capace di aprire un varco tra un misterioso limbo mediatico e la nostra vita quotidiana, capace di stimolare eventi nella nostra realtà di spettatori pur non appartenendo ad essa; un pornomedium, più precisamente.

Ed è ancor più interessante il fatto che questo pornomedium che agita il nostro immaginario, e che altro non è che un filmatino di due minuti girato con un telefono cellulare, rappresenti uno spettro perfetto per il nostro paese; un paese pornocentrico, nel quale il sesso, nelle sue forme più varie e spesso distorte, è sempre più il messaggio centrale della comunicazione politica, televisiva e pubblicitaria.

Perché finora sul caso Marrazzo si è detto molto ma non si è detto ancora abbastanza che in questo paese se una donna (o un uomo) si vende per fare tv, non le si consiglia di pensare alla propria dignità ma la si invita a un talk-show per parlarne; e se le raccomandazioni abbondano non si cerca di limitarle ma vi si intitola un varietà televisivo; e se qualcuno conduce una vita sessuale diversa dalla norma non lo si lascia in pace ma lo si pedina per farci un video e poi ricattarlo.

Un paese non recuperabile.

P.S. Nel precedente articolo di questa rubrica avevamo segnalato l’inutilità, nonché l’ipocrisia, insita nel recente divieto, imposto dal Pentagono, di pubblicare immagini di soldati caduti in guerra in nome di una ipotetica difesa della privacy. Lunedì 26 ottobre a Livorno si è suicidato Fabrizio Picchi, di 45 anni. Era stato nel 1983 in missione militare in Libano, dove guidava le ambulanze, e da quando era tornato non era stato più lo stesso, tanto che era costantemente seguito dai servizi psichiatrici, ed al momento del suicidio era ricoverato nel reparto psichiatrico dell’ospedale. I familiari raccontano: “Vedeva le immagini dei morti in guerra, di amici e colleghi, era turbato”. A conferma del fatto che cancellare le fotografie di guerra non significa cancellare la devastazione mentale e materiale della guerra.

visioni distorte:

#4: “Cancellare l’immagine per cancellare la morte”. Il mito della privacy

#3: “Corpo morto inscritto nello schermo”. L’ultimo spot di Mike Bongiorno

#2: “Il corpo delle donne”. Tette, tv e pietas

#1: “Costruire la realtà attraverso la finzione”. La rappresentazione del potere da “Porta a porta” a “Videocracy”