Il dovere della solidarietà

C’è un limite oltre il quale la tragedia è troppo grande per qualsiasi commento. Haiti devastata dal terremoto è una distesa di macerie e di morti, città distrutte, bambini abbandonati, esseri umani senza più niente per vivere.
Di fronte a tanto orrore potremmo ripeterci molti discorsi già fatti. Dirci che la colpa non è del destino o della natura malvagia; che le catastrofi naturali si abbattono sempre sui più deboli perché privati di ogni mezzo di prevenzione; che solo oggi ci accorgiamo di Haiti, Paese fra i più poveri al mondo, con alle spalle una drammatica storia di genocidi, schiavitù, guerre civili, dittature e catastrofi naturali; che tutto questo riguarda la coscienza dei paesi sviluppati.
Verrà il momento di analizzare e discutere. Ma ora c’è anzitutto da salvare un popolo, recuperare corpi sotto le macerie, offrire una speranza di vita a chi è rimasto. C’è bisogno di medicine e ospedali, acqua, cibo, tende e coperte. Un’opera ancor più difficile in un Paese sull’orlo del collasso, già prima del terremoto costretto a garantire sicurezza e servizi essenziali solo grazie alla presenza dell’Onu e delle organizzazioni internazionali, che hanno sacrificato nel terremoto le vite di molti operatori. Il mondo ha le risorse per far fronte a questa drammatica emergenza. I mezzi della comunicazione globale possono mobilitare in poche ore milioni di persone e ingenti risorse da mettere a disposizione delle organizzazioni umanitarie. Deve scattare la solidarietà attiva fra i popoli, come atto di umana responsabilità, e deve entrare in campo la responsabilità dei governi.
In questo caso, la risposta internazionale è stata straordinariamente rapida e puntuale. L’America di Obama ha agito senza esitazioni, altri Paesi del Nord e del Sud hanno fatto altrettanto. Certo, una volta esaurita la spinta emozionale della prima emergenza, servirà un lungo e coerente impegno per la ricostruzione. Ma la catena di solidarietà di questi giorni è la prova che il mondo potrebbe andare in un’altra direzione, se solo prevalesse la comune responsabilità degli esseri umani.