Dal carcere al teatro Goldoni: giovedì 22 aprile, Liberazione Show

un progetto promosso da Coordinamento Femminile ANPI-ANPPIA e ARCI Livorno

con la compagnia dei detenuti della Casa Circondariale di Livorno

22 aprile 2010, ore 21.30
Teatro Goldoni, Livorno

ingresso gratuito

LIBERAZIONE SHOW

con la partecipazione delle scuole di danza: Arabesque, Arte Danza, Atelier delle Arti, Koine Danza, Laboratorio di Danza e Movimento

In un tempo in cui diventa possibile scaricare per pochi euro i discorsi di Benito Mussolini sul proprio telefono cellulare, non ci si stupisce più del fatto che vi siano individui interessati ad ascoltarli, quanto del fatto che anche la memoria storica di un intero paese sia inevitabilmente destinata a diventare una merce. In un tempo in cui la televisione pubblica propone format in cui i personaggi più rappresentativi della storia italiana diventano concorrenti di un talent-show, sembra ormai impossibile vincere la concorrenza del televoto nella battaglia per proporre valori per l’immaginario popolare. In un tempo in cui tutti si definiscono antifascisti, sembra quasi sgradevole identificare certi atteggiamenti e certi comportamenti come fascisti, anche se in realtà essi continuano a diffondersi e ad essere molto praticati.

Celebrare la Resistenza e la Liberazione è dunque sempre più importante, così come è sempre più importante farlo in modo efficace, rifuggendo da tutto ciò che può risultare rassicurante e continuando a sostenere che vi sono ancora oggi molte situazioni in cui scherarsi da una parte non equivale a schierarsi dall’altra.

Ecco perchè con “Liberazione show” ci siamo presi la libertà, che il teatro per sua natura offre, di non creare una messa in scena edificante, e di proporre uno spettacolo che non punta ad istruire ma piuttosto a porre domande e ad evidenziare contraddizioni, nella convinzione che anche questa possa essere una strada giusta per provocare la necessaria reazione nello spettatore.

“Liberazione show” è pertanto un varietà crudele, in cui la rievocazione della violenza della guerra si materializza attraverso un concorso di cabaret: concorrenti che per vincere un misero premio mettono in scena sketch da avanspettacolo sgradevoli e grotteschi, in cui si muore a ripetizione, in cui si uccide solo perchè conviene. Si passa, in modo del tutto politicamente scorretto, dalla seconda guerra mondiale alla guerra in Afghanistan, attraverso la guida di un canonico presentatore con canonica valletta. Non si celebra la memoria, ma la si consuma, tagliandola e mangiandola per cena. Si cerca quel briciolo di umanità e di solidarietà umana che, anche in mezzo alle rovine e alla devastazione provocate dai bombardamenti televisivi, da qualche parte, dentro di noi, ci deve ancora essere.

Fare cultura in carcere in tempo di navi prigione