La tassa sul permesso di soggiorno va cancellata

Dire che la tassa sul permesso di soggiorno è odiosa è un eufemismo.
Questa tassa è un furto e non può avere i crismi della legittimità per le seguenti ragioni: la prima riguarda il costo per il funzionamento del servizio, al quale è finalizzata la metà degli introiti di questa tassa.

Il servizio è caratterizzato dal mal funzionamento e dall’inefficacia come scelta voluta di deterrenza. Infatti la gran parte delle domande presentate dagli immigrati per il rilascio del permesso di soggiorno non va a buon fine (ultimo esempio il decreto flussi 2010: 430mila domande e 12mila permessi di soggiorno rilasciati) e non crediate che tutte le altre siano state respinte per assenza dei requisiti, perché con tale motivazione ne sono state rigettate soltanto 5.500.
Questo significa che oltre il 90% delle domande finiscono su un binario morto e allora come si può pensare che si debba pagare il biglietto per un treno che non
partirà mai? La seconda ragione riguarda la finalizzazione dell’altro 50% delle entrate dovute al pagamento del balzello che dovrebbero andare ad alimentare il fondo rimpatri.

La Convenzione n. 143 dell’Oil e la Direttiva Europea n. 115/2009 sui rimpatri
proibiscono espressamente che le spese per il rimpatrio possano essere addebitate agli immigrati, tanto più a quelli che soggiornano regolarmente. Almeno due ragioni, dunque, che dovrebbero convincere il governo semplicemente a cancellarlo. Ometto tutte le altre motivazioni di ordine sociale ed economico che rendono vessatoria e discriminatoria questa tassa, nel contesto di una crisi economica e di una recessione che colpisce crudelmente tutti i ceti popolari più deboli, innanzitutto i lavoratori e i pensionati, e gli immigrati tra questi.
Se il governo Monti non rivedrà questo provvedimento, ci saranno sicuramente forti tensioni sociali nella comunità degli immigrati che vive e lavora con grandi sacrifici nel nostro Paese. È possibile persino che si determini un fenomeno di rinuncia di massa alla richiesta di permesso di soggiorno (già ci sono state 600mila richieste in meno nell’ultimo anno secondo la Caritas) e quindi a uno status di illegalità da parte degli immigrati. Ben vengano dunque gli impegni dei ministri Cancellieri e Riccardi a riconsiderare questa misura odiosa, tenendo presente che non serve qualche aggiustamento e che l’unica soluzione equa è soltanto la sua abolizione.
In questo senso vanno anche le dichiarazioni degli esponenti dell’ex opposizione parlamentare, che ricordano come i migranti, al pari dei cittadini italiani, paghino già bolli e tasse per il disbrigo delle pratiche burocratiche, oltre a contribuire in modo sostanzioso a riempire le casse dell’Inps, pur percependo quasi sempre, a parità di mansioni, salari più bassi degli italiani e usufruendo di meno servizi.
È arrivato il momento per il governo di aprire con urgenza un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e le altre associazioni che lavorano con i migranti per affrontare nella sua interezza una questione come quella dell’immigrazione su cui finora ha prevalso la stolta demagogia della Lega.

di Pietro Soldini, responsabile nazionale area immigrazione Cgil