N°7 Rio+20: lo zero draft delle Nazioni Unite lontano dalle posizioni sindacali

Proseguiamo l’approfondimento su temi cruciali per il futuro, con il commento della CGIL alla prima bozza di documento conclusivo (zero draft) delle Nazioni Unite per la Conferenza di Rio

Le Nazioni Unite hanno diffuso il documento che traccia il percorso del dibattito per le conclusioni della 2a Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile, oramai nota come Rio+20, che si terrà a Rio de Janeiro in giugno, vent’anni dopo la 1a Conferenza su Ambiente e Sviluppo.
Dalla 1a Conferenza nacque l’Agenda 21, con i suoi 28 principi che avrebbero dovuto guidare l’azione di stati e governi per la riduzione dei guasti ambientali, la lotta alla povertà e alla disuguaglianza sociale e il governo del pianeta. Dopo vent’anni, la Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile richiama una prima domanda: cosa è cambiato in questi vent’anni; quali impegni sono stati rispettati e quali no? Eludere queste domande toglie credibilità all’iniziativa e alla reale volontà di stati e governo.

Il punto di partenza dovrebbe essere proprio una valutazione, più oggettiva possibile, del compimento o meno dell’Agenda 21, della sua applicabilità e della sua adeguatezza per la gestione del futuro.
Gli impegni, assunti da stati e governi, sono stati in larga parte disattesi, relegando i principi dell’Agenda 21 e tutti gli altri accordi e convenzioni internazionali sottoscritte a mere dichiarazioni di impegni, non vincolanti, discrezionali.
Il draft zero che traccia l’impostazione delle conclusioni della 2° Conferenza di Rio, conferma le preoccupazioni. Il documento contiene una lista indistinta di temi, senza affrontare una riflessione sul sistema e sul modello di sviluppo e i relativi paradigmi fondanti.
Temi come crescita, mercato, stili di vita, beni comuni, benessere, rimangono esclusi. Così proseguendo, si riduce ad ordinaria amministrazione la gestione dei problemi strutturali e di fondo che l’intera umanità, nessuno escluso, deve affrontare con urgenza,senza trarre un bilancio dei piani di sviluppo e di lotta alla povertà lanciati dalle Nazioni Unite, dagli anni sessanta ad oggi. Sappiamo che le soluzioni non sono indolori né facili da costruire e da applicare. Non è più il tempo di rinvii, ma vanno responsabilmente assunte le necessarie decisioni.
Il documento ONU, in pratica, conferma, una impostazione abituale, sottovalutando la gravità e l’urgenza del momento, in tutti gli aspetti e dimensioni in cui si voglia analizzare lo stato ed il futuro del Pianeta e, quindi, la stessa idea e concetto di Sviluppo, che deve essere oggetto di profonda analisi e riflessione.Il documento dà per scontato che la direzione sia quella giusta.
La posizione dei sindacati è critica su quanto hanno fino ad ora dimostrato Nazioni Unite, stati e governi. Per i sindacati il sistema è malato e se da un lato si chiede un governo del pianeta più forte e più coerente, dall’altro lato si vede la necessità di ripensare l’economia in funzione dei bisogni delle persone piuttosto che della loro capacità di consumo.
Una posizione responsabile, di chiara critica al sistema, denunciando apertamente il rischio di ‘zero risultati’ ma con l’impegno a farsi carico di elaborare proposte concrete tanto ambiziose quanto indispensabili per correggere la direzione attuale del modello e delle politiche economiche ed occupazionali.
La Confederazione Internazionale dei Sindacati (CSI – ITUC), nel suo documento per Rio+20, denuncia che non è più il tempo delle dichiarazioni ma che è indispensabile che stati e governi sottoscrivano accordi ed impegni concreti e che poi questi vengano applicati, diventino obblighi ed azioni concrete, già a partire dal giorno successivo alla conclusione della Conferenza.
Quindi, la CSI avanza tre proposte concrete che dovrebbero tradursi in obiettivi ed impegni vincolanti per stati e governi: – la copertura entro il 2020 di condizioni di lavoro dignitoso per la metà dei lavoratori a livello globale; – un investimento medio del 2% del PIL in green jobs in ogni stato per un periodo da 5 a 10 anni; – il Social Protection Floor, un sistema di protezione sociale a copertura dei bisogni primari (reddito minimo vitale, casa, salute, educazione, vecchiaia…) presente in ogni stato, con le gradualità di ogni singola realtà nazionale, che elimini l’esclusione e l’abbandono sociale e la miseria; – l’implementazione della tassa sulle transazioni finanziarie, per sostenere gli investimenti di ‘cura del pianeta’ e per finanziare i programmi di sviluppo (studi indicano che con lo 0,05% di tassazione si potrebbero recuperare tra 160 e 420 miliardi di Euro per anno).
L’Economia Verde è vista dalla CSI come una risposta adeguata alla crisi del sistema, a condizione che sia costruita e strutturata seguendo un insieme di principi (10 principi) che riprendendo l’agenda del lavoro dignitoso e dei principi e diritti fondamentali del lavoro, elaborano la dimensione sociale dell’economia verde.
Sta qui anche il richiamo all’alleanza tra soggetti della società civile: ambientalisti, popolazioni indigene, movimenti sociali e di genere, organizzazioni di consumatori, imprenditori responsabili, per costruire una ‘nuova agenda progressista’ per lo sviluppo sostenibile.
Dal Forum Sociale tematico di Porto Alegre arrivano anche i contributi e le riflessioni di reti, associazioni e movimenti sociali che daranno vita alla Cupolas dos Povos, il summit dei popoli, dal 15 al 23 giugno, parallelamente al summit delle Nazioni Unite.
Il percorso dei social forum, reti, associazioni e movimenti di contadini, donne, senza terra, popoli indigeni, iniziato proprio a Porto Alegre nel 2001, affronta una riflessione profonda, con la domanda: quale Sviluppo? A cui risponde, partendo da quattro assi tematici: 1. Diritti Umani e rapporto con la ‘madreterra’: mettendo al centro la diversità culturale e il diverso rapporto costruito dalle diverse società con la natura e i suoi elementi; 2. una nuova etica dei beni comuni, per rispondere alla crisi della civilizzazione con una nuova impostazione di ‘bio-civilizzazione’; 3. produzione, distribuzione e consumo, beni comuni, economia di transizione, dove l’economia diventa un’azione funzionale al benessere del sistema-mondo e non solamente degli esseri umani o di una piccola parte di arricchiti; 4. soggetti politici e architettura del potere, ossia il governo del pianeta: per la ricerca di nuove regole, nuovi strumenti di governo del pianeta.In questo quadro l’economia verde è vista criticamente: «rifiutiamo tutte le false soluzioni a questa crisi, come sono gli agro-combustibili transgenici, la geo-ingegneria e il mercato del carbone, che non sono altro che nuovi travestimenti del vecchio sistema….».

Nel corso degli appuntamenti di preparazione di Rio+20 il sindacato internazionale lavorerà da un lato per portare significative modifiche alle posizioni dei governi, dall’altro per proseguire il confronto, nella reciproca autonomia, con potenziali interlocutori sociali, nell’associazionismo e nei movimenti.
Info: www.cgil.it