La Lega si scopre vulnerabile e contaminata dal malaffare

La Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, oggi il partito più longevo nato dalle ceneri dei vecchi e consunti partiti della Prima Repubblica e affermatosi sempre più negli anni del disincanto verso la politica, si scopre vulnerabile e contaminato dal malaffare. Cresciuto dando forza a poche e spesso grevi espressioni quali ‘etnofederalismo’ e ‘Roma ladrona’, questo movimento ha via via sostituito la prossimità al territorio dei compagni delle case del popolo e dei democristiani delle parrocchie. è riuscito a farlo cercando, con l’utilizzo dei pochi pensatori alla Miglio e alla Oneto, di piegare i fatti della storia al proprio credo, di inventare un luogo fisico-politico-culturale mai esistito (per buona pace del deputato Gianluca Buon-tempone secondo cui «la Padania esiste, se no perché c’è il Grana Padano?»), di avvicinarsi alla religione dei lefebvriani «usando il crocifisso – per dirla con Enzo Bianchi – come una clava minacciosa per difendere un’identità culturale e marcare il territorio riducendo questo simbolo cristiano a una sorta di idolo tribale e localistico». Negli ultimi venti anni, gli avversari politici hanno spesso sbagliato analisi anticipandone una dipartita politica mai avvenuta: hanno sottovalutato la capacità dei leghisti di essere allo stesso tempo partito di Governo e di lotta, hanno sorvolato sul linguaggio violento e folkloristico e si sono lasciati confondere dal ‘bis-pensiero’ di Bossi, che dice una cosa e poi il suo contrario. è il partito della pancia e non della testa o, meglio, è il partito che si incarica non di elevare culturalmente il proprio elettorato come hanno, nel bene e nel male, cercato di fare gli storici partiti, ma di porsi al livello del suo ‘popolo’ e di spingersi più giù. La Lega Nord si è trovata spesso ad avere una disponibilità di posti, di ‘careghe’, probabilmente a volte superiore al numero di leghisti formati in grado di occuparle. Con la conquista di voti a discapito soprattutto degli alleati di centro-destra, fortunatamente contrastata dalle amministrazioni di centro-sinistra che governano buona parte dei Comuni del Nord, la Lega considera ormai consuetudine agire con disinvoltura all’interno delle Istituzioni. Lo ha fatto in verità dal principio, quando nel tentare un approccio funanbolesco al pensiero del federalista Carlo Cattaneo, si è di fatto discostata dall’intellettuale ottocentesco approcciando più prosaicamente i benefit parlamentari. Così, risucchiati nel vortice del successo elettorale e delle pratiche in voga nella Casa delle Libertà, i leghisti hanno navigato con destrezza nel mondo dei favoritismi familiari (la saga dei Bossi) e degli allegri rapporti con la pubblica amministrazione. Un esponente, assunto in un’azienda municipalizzata, ha lodato la pratica dello ‘spoil system’ e con naturalezza (un tempo si sarebbe detto «si è lasciato sfuggire») ha affermato che «è giusto che chi governa abbia dei referenti nei posti che contano».

Questo esponente è di Verona, come lo sono tanti altri invischiati in vicende giudiziare – talvolta conclusesi con condanne, altre in corso di accertamento da parte della Magistratura – o immersi in acque torbide come nel caso del Segretario della Lega Nord provinciale che è stato nominato alla guida di un ente e che intrattiene, attraverso l’azienda di famiglia, rapporti economici con un altro ente veronese senza che questi rapporti siano subordinati a gare di appalto. Bossi e Tosi: fino a qualche giorno fa parevano dividersi su temi squisitamente politici e nazionali, nella realtà si confrontavano l’un contro l’altro armati per definire il nuovo assetto interno al partito.

Oggi, hanno ritrovato la pace in vista delle imminenti amministrative e affinità per analoghi vizi giudiziari e poitici (la moglie del Sindaco ha ricevuto una promozione con tanto di rassicurante stipendio). Il Veneto come la Lombardia? Forse no, sperando che la percentuale di voti, ultimamente favorevole ai veneti, non sia direttamente proporzionale ai casi di corruzione.