Nel vertice del 1992, vennero adottate la Convenzione sulla Diversità Biologica (CDB), la Convenzione ONU sul Cambiamento Climatico (UNFCC) e la Convenzione per Combattere la Desertificazione. Sono passati venti anni e gli impegni dei governi non sono stati mantenuti, anzi. Siamo in una situazione ambientale, sociale ed ecologica drammatica e la scienza ci dice con forza che dobbiamo invertire la rotta prima che sia troppo tardi per noi. I fallimenti degli appuntamenti internazionali sono ormai una costante. Questi spazi chiusi alla società civile e ai movimenti servono esclusivamente per consentire a lobbisti, rappresentanti delle multinazionali e della finanza internazionale di incontrarsi. Dopo il vertice mondiale della Terra di venti anni fa, che tante speranze aveva acceso, a giugno di quest’anno a Rio si incontreranno di nuovo per discutere non di come si cambia il modello che sta strozzando il pianeta e la maggior parte dei suoi abitanti, ma per parlare di ‘green economy’, altra cosa rispetto a quell’economia ecologica che abbia a cuore la giustizia ambientale e sociale. Sarà l’ennesimo circo in cui la finanza vorrà creare una nuova bolla speculativa: la bolla del carbonio.
Via Campesina, la più grande rete di organizzazioni contadine a livello globale, la definisce ‘la maschera verde del capitalismo’.
La finanziarizzazione dell’economia non tralascia certo l’ambiente. La finanziarizzazione della natura e della sua crisi è l’ultimo grande business del sistema capitalista. I movimenti e la società civile mondiale lo continuano a denunciare e saranno a Rio per promuove un Summit dei popoli per la giustizia ambientale e sociale, dove confrontarsi con accademici, scienziati e le istituzioni che vorranno esserci per capire come cambiare l’attuale modello e costruire le alternative.
L’insostenibilità del modello di sviluppo e l’assenza di alternative sono infatti le cause della crisi di sistema diffusa ormai in tutto il mondo. L’inconciliabilità del sistema capitalista con i limiti della Terra produce un processo di continua spoliazione dei diritti e distruzione delle opportunità di accesso ad una vita dignitosa per miliardi di esseri umani. Più aumentano l’inquinamento, la distruzione del pianeta e dei beni comuni, gli eventi estremi che colpiscono le nostre città ed i nostri paesi, maggiore è la povertà e l’ingiustizia che colpiscono le fasce medie e più deboli della popolazione. L’insicurezza ambientale e l’accaparramento individuale delle risorse si traducono in forme odiose di ingiustizia ambientale e sociale. Parliamo di ingiustizia che si manifesta in forme diverse.
A partire da quella distributiva, colpendo una comunità più di altre per ciò che riguarda il peso dei rischi ambientali, sino all’ingiustizia verso un singolo o una comunità privata del suo diritto a partecipare, o non riconosciuta nei suoi diritti soggettivi o collettivi, oppure le cui potenzialità e/o sviluppo a causa dei danni ambientali inflitti sono stati lesi. Senza dimenticare l’ingiustizia compiuta nei confronti delle generazioni a venire, private delle possibilità di accedere agli stessi beni e costrette a vivere in condizioni peggiori rispetto alla generazione precedente.
Di fronte a questo scenario, Rigas, la Rete Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale, composta da oltre 70 realtà tra comitati, organizzazioni sociali, sindacati, enti di ricerca etc. concorre a stimolare la partecipazione attiva di tutte le realtà associative e di movimento, così da elaborare una serie di proposte fondate sulle attività che le diverse realtà che si strutturano e integrano in rete portano avanti da anni.
Proposte che nascono dalla considerazione per cui l’uomo è parte del sistema socio-ecologico e deve seguire le regole dell’ecosistema, a partire dai suoi limiti biofisici: sfruttare le risorse rinnovabili ad un ritmo che non superi la capacità di rigenerazione dell’ ecosistema; limitarne l’uso in modo da produrre quantità di rifiuti che possano essere assorbiti dall’ecosistema; sfruttare le risorse non rinnovabili ad un ritmo che, per quanto possibile, non superi il ritmo di introduzione di sostituti rinnovabili. Se questi sono i principi cui attenersi, risulta indispensabile immaginare e lavorare alla costruzione di un’economi capace di perseguire il bene comune e di aumentare i beni relazionali, che individui nei limiti fisici ecosistemici i propri limiti naturali e abbia la reciprocità – piuttosto che l’accumulazione – come fine.
Promuovono: A Sud, Arci, Action, Altra – lombardia, Altramente, Amig@s MST-Italia, Attac Italia, CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientale, CETRI Tires/Centro Europeo per la Terza Rivo luzione In – dustriale, Citera – La Sapienza, Coordi – namento Nord-Sud del mondo, Comitato 3e32, Commissione giustizia e pace/ Missionari Comboniani, Coordi namento Energia Felice, Contratto Mondiale del – l’Acqua, daSud, Fiom-Cgil, Focuspuller, Forum Ambientalista, Genuino Clandestino – rete di resistenza contadina, Osservatorio Europa, Rete@sinistra, Rete della conoscenza, SEM- Sinistra Euromediterranea, Teatro Valle Occupato, Terres des Hommes, TILT, Trasform!Italia, Università Popolare Interculturale, VAS onlus, Ya Basta
Info: www.reteambientalesociale.org