I l governo dei tecnici ha chiamato a sè altri tecnici per realizzare quella che hanno chiamato la ‘spending review’. E i tecnici chiamati dai tecnici hanno chiesto ai cittadini di segnalare loro gli sprechi dello Stato, quelli che dovrebbero finire nel mirino della traduzione letterale e pratica della spending review, cioè la revisione della spesa pubblica.
Il rimpallo delle responsabilità dai tecnici ai supertecnici fino alle segnalazioni online rischia di generare più di un equivoco. E sorge il timore che sotto gli equivoci, più o meno voluti, si celi l’intenzione di perpetrare quelle stesse politiche di tagli alla spesa pubblica che hanno portato solo all’indebolimento dello stato sociale, al taglio dei diritti e dei servizi per le persone.
Per evitare equivoci e uscire dalla confusione in cui versano tecnici e super tecnici, la Cgil ha lanciato per il 10 maggio la sua data di mobilitazione contro la precarietà, che è l’unica cosa che senza dubbio è necessario tagliare nel nostro Paese.
La precarietà e la disoccupazione giovanile sono di fatto la vera emergenza nazionale e sono i fattori che frenano la ripresa della nostra crescita economica e sociale.
E proprio ai giovani e ai precari si era rivolto il governo presentando la sua intenzione di riformare il mercato del lavoro, con la promessa della riduzione della precarietà e l’accesso per tutti agli ammortizzatori sociali.
Invece nel testo della riforma del lavoro che giunge in questi giorni alla discussione parlamentare non ci sono che briciole: rimangono in piedi tutte le forme contrattuali, anche le più precarie, si fa troppo poco nell’introduzione di norme contro l’abuso dei contratti atipici, a partire dall’assenza di misure contro gli stage truffa, e, infine, i beneficiari degli ammortizzatori sociali rimangono gli stessi di prima.
La riforma rischia di aggravare la condizioni di tantissimi lavoratori che si trovano a lavorare in collaborazione o a partita iva sui quali ricadrà il peso dell’aumento dei contributi previdenziali, con la conseguenza di un ulteriore dimagrimento dei loro compensi.
Evidentemente le intenzioni del governo erano altre: non si voleva rendere più accessibile e tutelato il lavoro per i giovani, ma favorire i licenziamenti facili per tutti i lavoratori. Il tutto condito con la fastidiosa retorica sulla contrapposizione tra padri e figli con la quale hanno cercato di giustificare lo strampalato disegno di travasare i diritti da una categoria a un’altra, come se questi fossero disponibili in numero limitato.
L’unica cosa su cui il governo si è veramente speso è il tentativo di cancellare l’articolo 18, prontamente fermato dall’azione della Cgil e su cui è necessario continuare a lottare per mantenere e migliorare la norma sul diritto al reintegro.
La Cgil avanza al Parlamento una serie di richieste di modifica alla legge di riforma del lavoro che mirano proprio a dare quel taglio alla precarietà di cui il Paese avrebbe bisogno: la cancellazione dei contratti più precari e delle truffe, l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutti, lo stop alla precarietà nel pubblico impiego, l’universalizzazione dei trattamenti di maternità e malattia e per le altre prestazioni sociali. E infine, ma non per priorità, chiediamo a Governo e Parlamento investimenti nella creazione di posti di lavoro di qualità per i giovani.
Il 10 maggio azioni, manifestazioni e presidi sono previsti in molte città italiane.
Cgil – Giovani non più disposti a tutto