Sottoposto a una fortissima pressione morale ed economica, il ministro della Difesa ha dovuto annunciare la revisione di tutti i programmi di armamento delle forze armate e dell’intero apparato militare. Per ottemperare a questo impegno il ministro ha depositato al Senato un disegno di legge delega, che, secondo la Tavola della Pace, appare una vera e propria presa in giro.
1. Il progetto comporta non una riduzione ma un aumento della spesa pubblica. Il ministro vuole liberarsi di circa 33.000 militari scaricandone il costo sulle altre amministrazioni dello stato. Allo stesso tempo pretende di mantenere inalterato il bilancio a sua disposizione.
2. Il progetto comporta non una riduzione ma un aumento della spesa militare. Il principioguida è: meno soldati per acquistare più armi.
3. Anche la vendita delle infrastrutture militari da dismettere non porterà alcun beneficio al bilancio dello stato o alle comunità locali ma dovrà contribuire ad aumentare il bilancio della difesa.
4. Per incassare altri soldi il ministro pretende poi di essere autorizzato a svendere direttamente ad altri paesi le armi di cui si vuole sbarazzare, magari per comprarne di più sofisticate. Di più: con la riforma il ministro della Difesa potrà impegnarsi personalmente nella vendita di armi italiane nel mondo cancellando così tutte le ipocrisie sull’intreccio tra i militari e l’industria degli armamenti.
5. Ogni intervento di protezione civile delle FFAA dovrà essere pagato (dai comuni?) a piedilista direttamente al ministero della Difesa.
6. Un’altra pretesa del ministro si chiama ‘flessibilità gestionale di bilancio’. Il che vuol dire: «le risorse stanziate decidiamo noi come spenderle».
7. Con la stessa spudoratezza il ministro pretende di gestire tutto il delicatissimo capitolo della riduzione del personale militare e civile.
Per liberarsi di questo ‘peso’ senza troppi problemi, pretende che ai suoi uomini non venga applicata la riforma delle pensioni appena approvata, che si adottino trattamenti di favore per il trasferimento dei militari in altre amministrazioni pubbliche, negli enti locali e persino nelle municipalizzate e si estendano alcuni privilegi oggi negati.
8. Il piano presentato dal ministro è estremamente vago e difficilmente realizzabile. Costringe a impegnare centinaia di miliardi da qui al 2024 senza alcuna garanzia di successo.
Tant’è che tra le tante pretese c’è anche quella di prorogare annualmente il termine entro cui realizzare la riforma.
«Se non basteranno 10 anni, la faremo in 11, 12, 13,…»!
Di fatto il ministro della Difesa Di Paola pretende una delega in bianco che gli consentirà di continuare a comprare armi costosissime utili solo a coinvolgere l’Italia in nuove guerre ad alta intensità, di rafforzare l’oscuro mix di interessi che lega la Difesa all’industria militare, di difendere i privilegi della casta militare e di tenere in piedi un carrozzone anacronistico ma molto utile alla mala politica.
Impediamoglielo!
Info: www.perlapace.it