La primavera non è finita

La primavera araba non finirà nell’autunno jihadista come alcuni si affrettano a predire di fronte alle violenze di questi giorni nei paesi musulmani. Bisogna capire cosa c’è dietro le ambasciate assaltate, i morti e i feriti, la tensione che sale. Se ad accendere la miccia è stato un film spazzatura, esplicita provocazione tesa a ferire la sensibilità dei musulmani, è però evidente che quello è stato solo un pretesto. L’odio anti occidentale predicato dall’islam radicale trova infatti terreno fertile nel malessere di popolazioni che dopo un anno e più dalla caduta dei dittatori sentono frustrate le speranze di cambiamento, non hanno avuto benefici concreti dalla rivoluzione e vedono crescere disoccupazione e miseria. Gli islamici moderati al governo sono in difficoltà a gestire lo scontento, i movimenti salafiti fanno proseliti, Al Qaeda torna a minacciare. Il tutto in un’area segnata da conflitti cronici che potrebbero incendiare l’intera regione. I giovani protagonisti delle rivoluzioni avevano prodotto nel mondo arabo una rottura epocale sul piano politico e culturale, emarginando l’i­slamismo radicale. Questo oggi prova a riemergere cavalcando la protesta per i nodi irrisolti della transizione e potendo contare sulla debolezza di democrazie ripristinate nell’esercizio del voto ma ancora fragili sul piano dell’infrastrutturazione sociale. Nella defini­zione delle nuove costituzioni è in atto uno scontro decisivo in tema di laicità, libertà e diritti civili, e i movimenti islamici che tentano di introdurvi elementi di fondamentalismo religioso hanno tutto l’interesse a trasferire lo scontro dai palazzi delle assemblee co­stituenti alle piazze. L’errore più grave sarebbe cadere nella trappola di chi vuole rilanciare il conflitto di civiltà. Non tutto l’islamismo è integralismo, non tutte le energie liberate dalla primavera araba sono destinate a restare imprigionate nelle appartenenze etnico religiose. Si sono aperte enormi contraddizioni in società complesse che solo con la piena affermazione dei diritti di cittadinanza troveranno il proprio equilibrio. Sta anche all’occidente capirlo e lavorare per aiutare la costruzione del processo democratico, offrendo sponde all’islamismo politico che sceglie la via democratica e rifiuta lo scontro di civiltà. Non siamo di fronte al fallimento delle primavere arabe ma alla fase nuova di una difficile transizione, che va più che mai sostenuta attraverso il dialogo fra le sponde del Mediterraneo.