Per il diritto allo studio, al lavoro, al futuro

Il mondo della scuola torna a mobilitarsi in tutta Italia: venerdì saranno ancora in piazza gli studenti, con docenti e sindacati. I problemi sono quelli di sempre: i tagli che ancora si abbattono su quel che resta della scuola pubblica, il diritto negato all’istruzione, al lavoro e al futuro delle nuove generazioni. La nostra scuola è allo sfascio: annuncia roboanti innovazioni tecnologiche ma continua a mancare di aule e insegnanti, dice di voler premiare il merito ma non garantisce a tutti uguali opportunità di accesso. Con gli studenti in piazza sono tornati anche gli scontri con le forze dell’ordine, segnale premonitore di tensioni che possono dilagare in questo autunno difficile. C’è un dato nuovo e preoccupante nella rabbia di questi ragazzi giovanissimi, impauriti dalla crisi e disillusi dall’assenza di prospettive, che non credono più alle promesse degli adulti e a una politica che sentono lontana. Se la prendono col governo e le sue misure di austerità, ma anche con tutta la casta, istituzioni, partiti, sindacati, banche, imprese, giornalisti. È la dichiarazione di sfiducia di una gene­razione nei confronti dell’intera classe dirigente. Dopo anni di discorsi sui giovani senza futuro questi ragazzi si sentono presi in giro. Non c’è da dargli torto. Si sentono dire che devono avere pazienza perché i soldi non ci sono e poi li vedono rubati e sprecati da personaggi indegni di occupare le istituzioni. In questo quadro il malessere della scuola, sommato alle crescenti tensioni sociali, può diventare una miccia esplosiva. Non va sottovalutato il rischio della violenza, ma alle istanze di questi ragazzi non si può rispondere coi manganelli. È sbagliato demonizzare la protesta gridando all’estremismo o all’antipolitica, così come pensare di cavalca­r­la per fini strumentali. Istituzioni e partiti devono ricostruire un terreno di comunicazione con questi giovani. Che hanno biso­gno di non sentirsi abbandonati al loro destino, di vedere che il Paese crede in loro e che c’è un progetto di futuro per cui vale la pena impegnarsi. La rottura del patto fra generazioni è la cifra più allarmante della distanza fra la politica e il paese reale, mai come oggi così profonda. La catastrofe sociale, il degrado della morale pubblica e privata, la crisi della democrazia stanno raggiungendo il limite. Servono segnali immediati di reazione, ad esempio risposte concrete sul terreno del diritto allo studio e di un serio piano per l’occupazione giovanile.