“Io riattivo il lavoro”, una campagna e una proposta di legge di iniziativa popolare

«Con la mafia, almeno, si lavora». Un’af­fermazione drammatica quanto realistica, ripe­tuta a mo’ di provocazione da quanti si sono ritrovati senza lavoro dopo che attività economiche e produttive simbolo del potere delle mafie sono state sequestrate dallo Stato e sono rimaste chiuse. E allora è tanto più necessario replicare con “Io riattivo il lavoro”, la campagna per il riuso sociale delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, presentata lo scorso 4 ottobre a Roma presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana. Perché le mafie fatturano, nel nostro paese, più di 170 miliardi l’anno, sottraendo risorse fondamentali all’intero sistema economico italiano e affiancando sempre più, alla violenza e alla condotta criminale, capacità imprenditoriali e abilità finanziarie. Ricostruire le condizioni per la legalità economica è quindi una delle prime risposte necessarie per uscire dalla crisi, ridando dignità al lavoro e ridistribuendo in modo più equo la ricchezza. Per fare ciò, però, serve aggredire i patrimoni mafiosi, combattere le organizzazioni criminali sul piano repressivo ma anche e soprattutto su quello economico e sociale. Queste sono, in sintesi, le motivazioni che hanno spinto la Cgil e un ampio cartello di associazioni (oltre all’Arci, sono coinvolte Avviso pubblico, Libera, Centro Studi Pio La Torre, Acli, Lega Coop, ANM) a presentare la proposta di legge di iniziativa popolare per favorire l’emersione alla legalità delle aziende seque­strate e confiscate e tutelare i lavoratori e le lavoratrici di questo importante settore.Il piano di intervento per il riuso sociale delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità mafiosa nasce proprio per contrapporre alla prepotenza mafiosa un’alternativa fatta di dignità, lavoro e sviluppo. Perché occorre ridare vita a queste aziende, valorizzando lo straordinario potenziale che hanno in dotazione, e far sì che diventino un modello per la lotta alla mafia, divenendo presidi di lavoro legale e dignitoso attraverso un impegno concreto di tutti gli attori coinvolti, istituzionali e non. Bastano pochi dati a confermare la validità delle proposte: le aziende confiscate alle mafie attualmente sono 1636. Quelle sequestrate potrebbero essere 10 volte tanto. Tutti i settori produttivi sono coinvolti dal fenomeno, anche se una percentuale molto alta riguarda settori chiave per il nostro paese, come il terziario (45%), l’edilizia (27%) e l’agroalimentare. Da Nord a Sud, è possibile trovare aziende confiscate e sequestrate in tutta Italia: le regioni con il numero più alto di aziende sono la Sicilia (37%), la Campania (20%), la Lombardia (12%), la Calabria (9%), il Lazio (8%). Si propone, quindi, di costituire una banca dati nazionale che tuteli la posizione di mercato delle aziende sequestrate e confiscate, di sostenere il percorso di reinserimento dei lavoratori, di favorire la riconversione e la ristrutturazione aziendale e di agevolare l’emergere dei rapporti di lavoro irregolari. Bisognerebbe incentivare, inoltre, la costituzione di cooperative dei lavoratori disposti a rilevare l’azienda oggetto della confisca e favorire, per gli stessi, un adeguato percorso di formazione e aggiornamento. Le tante cooperative giovanili nate in questi anni, spesso senza alcun sostegno dalle istituzioni, hanno dimostrato che combattere le mafie attraverso il lavoro non è solo possibile, ma è l’unica strada da perseguire. Si suggerisce, ancora, di istituire presso l’Agenzia nazionale per i beni confiscati un apposito ufficio dedicato alle attività produttive e alle relazioni sindacali, con l’obiettivo di fornire tutto il supporto necessario per scongiurare il fallimento delle aziende sequestrate e confiscate e tutelarne i livelli occupazionali, e presso le Prefetture dei Tavoli provinciali permanenti sulle aziende confiscate e sequestrate. Dieci articoli, in totale, con cui si richiede alle Istituzioni e in primis al Parlamento una vera e propria ‘sfida’ alle mafie e al malaffare, rendendo le aziende sequestrate e confiscate presidi di legalità democratica ed economica, punto di riferimento capace di garantire lavoro dignitoso e legale in territori spesso dilaniati dalla presenza mafiosa. È l’unico modo, come insegnava Pio La Torre, per combattere realmente le mafie e il malaffare in maniera incisiva ed efficace, colpendole alla radice. Tutti i cittadini maggiorenni potranno firmare presso le Camere del Lavoro di tutta Italia e le sedi delle associazioni promotrici. Tutte le iniziative di raccolta saranno segnalate su www.legalitalavoro.it

Una volta raggiunta la quota necessaria di 50mila firme, la proposta sarà depositata in Parlamento, con l’obiettivo di sollecitare le forze politiche per una rapida approvazione.