L’oro nero dell’universo integrato della comunicazione

Di Vincenzo Vita esperto di comunicazione
L’offerta pubblica di acquisto da parte della società di Mediaset Ei Towers ai della società di Mediaset Ei Towers ai danni dell’omologa Rai Way è ora al vaglio delle diverse autorità competenti: Antitrust, Agcom, Consob. Lo stesso servizio pubblico ha, dopo diversi giorni di silenzio o di vaghezze,dichiarato di non gradire. Ed è presumibile che altri no e distinguo seguiranno.Del resto, persino per un’azienda delr egno berlusconiano l’azzardo sembrava eccessivo. Con curioso ritardo (comemai?) è stato brandito il Decreto delPresidente del consiglio (DPCM) del 2settembre del 2014, che nelle premesseindica la permanenza allo Stato del 51%.Ancorché la norma primaria (l’art.21 deldecreto-legge dell’aprile 2014, convertito con l. n.89 del successivo giugno) preveda la possibilità della cessione di
quote, non mettendo limiti. Insomma, lasequenza di posizioni assunte un bel po’dopo l’annuncio si regge su una norma secondaria. Di questo stiamo parlando. Ed è noto che l’ambito di applicazionedi un DPCM è circoscritto all’esecuzionedelle norme di legge. Ma è altrettanto noto che il diritto ha una scala di colori non di rado sensibile al clima generale.Tuttavia, questa storia ha peculiarità che
la rendono emblematica del passaggioin corso nel sistema dell’informazione,nonché dell’anomalia italiana dominata dal conflitto di interessi. Infatti, nonnstiamo parlando di quisquiglie, bensì dell’oro nero dell’universo integrato della comunicazione – l’intreccio tra televisione e telefoni nell’habitat digitale – dove chiha gli impianti di trasmissione domina incontrastato. Insomma, Mediaset ha
largamente annusato dove si sposta la catena del valore. Per dirla in parole povere, il business e , forse, il bel gruzzolodi ‘torri’ può diventare la dote di Arcorenell’agognato matrimonio con Telecom.Guarda caso, proprio mentre il governo ha lanciato la corsa forzata verso la banda larga e ultralarga, che ha bisogno come il pane di un patrimonio finora dedicato alla radio diffusione, ora ottimo per la nuova generazione delle connessioni mobili. Al proposito, va ricordato che l’arretratezza italiana non è frutto del destino, bensì di
abnormi errori politici: l’aver impedito di fatto negli anni settanta lo sviluppo della tv via cavo; il blocco della cablatura del
territorio – un investimento all’incirca di50mila miliardi di vecchie lire – avviata nel 1995 dall’allora Stet/Sip. Quindi, l’uso
delle onde herziane si rende indispensabile per completare l’opera incompiuta, al di là degli investimenti annunciati per la fibra.
Tra l’altro, nei paesi dove esiste una seria regolamentazione, l’attività di produzione dei contenuti è divisa dalla proprietà dei
mezzi tecnici. E questi ultimi andrebbero accorpati in un’unica società pubblica. È in gioco un capitolo cruciale e sensibile
della democrazia informazionale.O si profila un piano B?: con un passo indietro nella percentuale dell’Opas da parte di Ei Towers e due avanti verso un’intesa gestionale?