Opporsi all’applicazione degli accordi tra Italia e Tunisia in materia di immigrazione, che hanno comportato circa settemila espulsioni verso il paese africano dal 2011 a oggi. Chiedere la chiusura dei Cie e una commissione di inchiesta congiunta sulla sorte di circa 300 tunisini scomparsi mentre tentavano di raggiungere il nostro paese. E, infine, portare all’attenzione la poca trasparenza dell’accordo Aleca di libero scambio tra Tunisia ed Europa. Obiettivi e messaggi chiari, quelli lanciati dalla delegazione di esponenti della società civile tunisina che in questi giorni è in Italia per incontrare istituzioni e componenti delle organizzazioni civili italiane e «chiedere a Parlamento, Governo e Unione Europea impegni politici di sostegno al consolidamento della transizione democratica» nel Paese maghrebino.La visita è coordinata dalla Rete Euromediterranea dei Diritti Umani (REMDH), attiva da 15 anni per la sociali di 30 paesi diversi. Della Rete fa parte l’Arci, che insieme alla sua ong Arcs e alla Cgil ha accolto la delegazione in Italia. «L’interesse comune è che la Tunisia continui ad essere un Paese democratico – ha spiegato Raffaella Bolini, responsabile relazioni internazionali Arci e componente della REMDH durante la conferenza stampa alla Camera – proporremo al Parlamento di costituire un comitato unico con la società civile italiana e quella tunisina per un confronto continuo. È nei nostri interessi avere una relazione diretta, mantenere un contatto e una riflessione costanti, attivare il principio di solidarietà tra i popoli». La delegazione, composta da Messaoud Romdhani, vicepresidente del Forum tunisino per i diritti economici e sociale, Sadok Belhaj Hsine, rappresentante dell’Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt), Ramy Salhi, direttore dell’Ufficio Maghreb e Lilia Rebai, responsabile del progetto Ue-Tunisia del REMDH, ha avuto incontri con la Camera dei Deputati, il Senato della Repubblica, il Ministero degli Interni e il Ministe ro Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. «Dopo l’attentato al Museo del Bardo l’attenzione nei confronti della Tunisia è salita molto, per questo dobbiamo tenerla viva. La Tunisia sta affrontando sfide enormi: sicurezza, minacce interne ed esterne, la sfida economica e migratoria – spiega Ramy Salhi – e oggi più che mai serve un appoggio serio. Tutto ha avuto inizio dalla crisi economica e sociale e dalla richiestadi giustizia sociale». «La rivoluzione del 2011 fu questo – ha voluto sottolineare Lilia Rebai – e la soluzione non è l’accordo di libero scambio con l’Ue che la Tunisia dovrebbe firmare. In che modo una simile intesa può davvero migliorare la situazione?». Unanime dunque il parere della delegazione tunisina a Roma: «Serve una risposta alla povertà e una maggiore giustizia sociale».