La Carovana internazionale antimafie fa tappa a Malta

Di Alessandro Cobianchi, coordinatore Carovana Internazionale Antimafia e progetto CARTT.

Il lungo viaggio di CARTT, il progetto europeo contro le nuove schiavitù, intrecciatosi con la Carovana internazionale antimafie, ci riporta a Malta.
La Carovana era già stata a Valletta nel 2011 ma, da allora, molte cose sono cambiate. La stessa società civile organizzata sembra più matura e le iniziative che impegneranno le nostre giornate ne sono la dimostrazione più evidente. Malta è davvero sospesa nel Mediterraneo, la sensazione del transito ti cattura immediatamente, in contrasto con i nostri discorsi serali, tutti auspicanti a svernare
un’aleatoria pensione nell’isola. Che le cose siano cambiate lo comprendiamo dall’approccio ‘istituzionale’ delle giornate, ma la cosa non ci dispiace affatto. In fondo è inconsueto per la Carovana Antimafie incontrare un ambasciatore e un Presidente della Repubblica. Non per vanità, ma i simboli, si sa, sono impor- tanti e questa accoglienza ci dimostra un cambio di mentalità in tema di politiche migranti. Le parole del Presidente della Repubblica Coleiro Preca, una donna della working class, la cui provenienza si esplicita in una buona dose di concretezza e semplicità, sono molto dure rispetto a ciò che si deve fare.
Come a Lampedusa, i governanti non hanno parole che evocano flotte e fortezze, chiusure agli approdi, chiedono di non essere lasciati soli dall’Europa. I collegamenti con il business delle organizzazioni criminali sono evocati dagli interventi delle associazioni convocate al palazzo presidenziale per incontrare carovana. C’è molta preparazione e una rete solida, abbastanza coesa, cosa quest’ultima che
suscita un po’ di invidia. Mentre discutiamo il palazzo, le sue stanze, i giardini, sono aperti a centinaia di bambini; le stanze austere che ospitano le armature degli antichi cavalieri sono vicine ad ambienti coloratissimi che inneggiano – persino nelle scritte – alla fantasia. I palazzi del potere che vorremmo. Il giorno prima la stessa Università che ci ospita è un’esposizione d’opere d’arte. Il primo intervento è quello dell’ambasciatrice degli Stati Uniti: ci aspettavamo formali saluti e troviamo una giovane e affascinante signora che fa una relazione curata e approfondita sulle azioni di contrasto alla tratta. I nostri partner maltesi hanno lavorato bene ma sono instancabili (loro): visitiamo una fabbrica dove lavorano centinaia di migranti cinesi.
L’atmosfera è un po’ tesa e siamo ben presto circondati da decine di persone che si sentono minacciate dal nostro furgone e dalla scritta ‘Against trafficking’. Dopo una lunga trattativa ci fanno addirittura entrare nella fabbrica, c’è un processo penale in corso e forse anche
per questo sono smaniosi di riempirci di informazioni e delle loro verità. Le serate rinvigoriscono il nostro approccio ricreativo culturale che non fa sconti all’impegno: in una struttura che sembra proprio un circolo Arci, assistiamo alla proiezione de La sconosciuta, un film di Tornatore, crudo e realista, che ci racconta lo sfruttamento delle donne migranti nelle campagne meridionali, pur essendo quasi interamente ambientato in Veneto. Di ricreativo, in fondo, rimane ben poco tanto veniamo schiacciati dalla storia. Per fortuna, il giorno dopo, siamo ad un concerto fuori dalle mura di Valletta. Un vero ristoro, incontriamo centinaia di persone e possiamo approfondire le
nostre conoscenze dell’isola. L’ultima tappa porta furgoni e carovanieri in un paradiso sospeso fra mare e monti, una striscia di sabbia, incantevole dove, in una notte di luna piena del 2012, son arrivati i barconi di migranti. Ascoltiamo i racconti e l’imbarazzo di chi si è trovato in pochi istanti dalla festa in spiaggia ad accogliere centinaia di persone infreddolite e disperate. Una metafora dell’occidente, quella dei tanti che ci dicono che avevano ancora fra le dita i bicchieri di mojito quando, sorpresi, si son ritrovati con i piedi nell’acqua a tendere mani verso altre mani. Arriva, a malincuore, la partenza. Alcuni di noi sono ancora all’aeroporto quando arriva la notizia della strage in mare di centinaia di migranti, la più devastante nel Mediterraneo attuale. La sensazione amara è che sino a quando l’Europa
penserà solo alla sua sete, altre barche affonderanno, qualche mostro brinderà addirittura e noi, se indifferenti, ci ritroveremo di quei fragili bicchieri solo pezzi di vetro a lacerare le mani.