L’Europa non ferma le stragi

Di Filippo Miraglia, vicepresidente Nazionale Arci.

Controllare le frontiere, respingere i migranti, impedire che partano. Questi i principali impegni che i governi europei hanno assunto in occasione della riunione di giovedì del Consiglio d’Europa.
Impegni in sintonia con quanto dichiarato in diverse occasioni dal nostro presidente del consiglio che, nel suo discorso alla Camera, a poche ore di distanza dalla strage più grande di sempre nel Mediterraneo, non ha nemmeno accennato al dovere dei governi italiano ed europei di farsi carico della protezione delle persone che fuggono da guerre e violenze. Centrali restano, dal suo punto di vista, la lotta agli scafisti e un’ulteriore stretta alle frontiere, con l’aggravante, che segna un’inedita convergenza tra i due Mattei (Renzi e Salvini), di dare priorità alla distruzione delle imbarcazioni usate per le traversate in mare. L’Unione Europea riprende, in sede di Consiglio, la proposta italiana, prevedendo anche la possibilità di un intervento militare per raggiungere l’obbiettivo, dimenticando però che in
Libia c’è una guerra civile in corso e che il rischio di ‘danni collaterali’ è molto alto. Grande sintonia quindi tra il nostro governo e l’Europa dei 28 (ma anche con un pezzo dell’agenda politica della destra xenofoba) sulla gestione delle frontiere, con l’obiettivo, esplicitato soprattutto negli accordi del processo di Khartoum e in quello di Rabat, così come negli accordi bilaterali che si vanno definendo in questi mesi, di trasferire ai Paesi della sponda sud la responsabilità di gestire i flussi di richiedenti asilo per bloccarli
prima che arrivino alle nostre frontiere. Una convergenza che segna il punto più basso delle politiche migratorie, di fronte alle migliaia di cadaveri che giacciono sul fondo del Mediterraneo.
Nell’ordine del giorno del Consiglio l’accoglienza viene affrontata come il meno importante dei problemi e la sbandierata solidarietà tra gli Stati Membri si riduce a progetti pilota di reinserimento per 5mila rifugiati, una cifra ridicola. La grande e potente Europa metterebbe
in campo un progetto sperimentale per almeno (sic!) 5000 posti. Tanto per capire di che stiamo parlando, basti pensare che il piccolo e povero Libano o la piccola e povera Giordania accolgono circa un milione di persone a testa. L’Europa della Merkel, di Hollande e Renzi, della BCE di Draghi, 5000 posti. Vergogna! Esiste per fortuna un’altra Italia, che ha reagito subito con sdegno, portando
in piazza migliaia di persone, cercando di restituire a quei morti la dignità che meritano e di esprimere un cordoglio ed una solidarietà fatta di proposte concrete. Non di vane parole e di cinismo. L’Italia dei sindacati, delle organizzazioni sociali religiose e laiche, di stu-
denti e ambientalisti, che ogni giorno prova a contrastare il razzismo di stato. Una rete di associazioni che si è data appuntamento il 21 aprile davanti a Montecitorio a Roma e in altre 100 città per chiedere che il governo italiano attivi subito una operazione di ricerca e salvataggio (come Mare Nostrum), in attesa che tutta l’Europa si assuma questa responsabilità. Allo stesso tempo è stato chiesto che
Italia e UE affidino all’Unhcr il trasferimento in sicurezza verso l’Europa di coloro che, nei paesi intorno al mediterraneo, aspettano di poter partire per chiedere protezione, con un’equa ripartizione tra i diversi stati. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati è infatti
l’organizzazione che ha competenze, strumenti e mezzi per poter gestire legalmente il flusso di profughi, senza dover modificare leggi nè organizzare improbabili rappresentanze e campi di transito in Africa, col vero scopo di bloccarli lì. Nei prossimi giorni la mobilitazione
continuerà e se l’Italia e l’Unione europea non cambiano direzione ci sarà una reazione ampia e unitaria, per fermare la strage e restituire forza e integrità alla nostra democrazia.