“Il mio caso assurdo di giornalista destinato al carcere

Di Antonio Cipriani giornalista.

Fa un certo effetto aprire una mail e scoprire che contiene un ordine di esecuzione per la carcerazione. Cinque mesi e qualche giorno per aver omesso, come direttore responsabile del quotidiano E Polis, il controllo su un articolo scritto da un giornalista professionista. È solo l’ultimo tassello, per ora, di una storia assurda che va avanti da quattro anni. E mi vede ostaggio di una serie di incongruenze nelle leggi che regolano la professione giornalistica, e mi costringe oggi a raccontarla. In mio nome e in mia difesa. E in difesa di tutti quelli che si trovano nella mia stessa situazione e non hanno alle spalle le corazzate dei media. In sintesi. Ho diretto E Polis dal 2004 al dicembre 2007. Poi mi sono dimesso a seguito di un cambio di proprietà. Nel 2011 E Polis è fallito e questo fallimento ha scaricato sulle spalle dei giornalisti le cause in corso. 34 processi sulle mie spalle di direttore responsabile. 34 processi sparsi in tutt’Italia, perché E Polis usciva e veniva stampato in tutta Italia. Dal 2011 il mio impegno professionale è stato: difendermi alla meno peggio, farmi aiutare da avvocati amici, evitare il più possibile condanne, rateizzare Equitalia, inseguire gli indulti. Senza nessun editore alle spalle, senza fondi se non i risparmi di una vita per pagare. Pagare sempre, perché se non hai soldi e combatti, alla fine non puoi che perdere. Perché le spese giudiziarie sono talmente alte che quasi conviene accordarsi comunque. La legge è assurda, perché è assurdo che gli effetti di un fallimento ricadano sulle fragili spalle di chi invece pensava di poter esercitare la libertà di stampa e di garantirla ai suoi colleghi. Perché è assurdo che un direttore possa controllare riga per riga un intero giornale. Ed è anche inaccettabile che un direttore debba pagare per errori di professionisti che magari in tribunale hanno capito fischi per fiaschi o in una conferenza stampa hanno sbagliato un reato. L’impossibilità di esercitare un controllo del genere su professionisti non rende il reato troppo generico? Omesso controllo di che cosa se il controllo è impossibile? Diverso è il ruolo della direzione nella titolazione, nelle campagne di stampa. Quella è responsabilità diretta, ma per questo genere di reato sono stato condannato solo una volta, e alla fine la Cassazione ha addirittura stabilito che avevo ragione, che difendevo solamente la libertà di stampa. Peccato che in altri 33 casi mi sono dovuto difendere dall’indifendibile, senza responsabilità dirette sugli eventuali errori. Certo, potevo censurare qualche cronista. Sarebbe stato accettabile? Chiudo col carcere. Perché mi sembra davvero sproporzionato l’omesso controllo con la condanna al carcere. È in genere assurdo che possa esserci la possibilità del carcere per un reato d’opinione, figuriamoci in un caso in cui le responsabilità personali sono davvero minime. E mi auguro che questa situazione, simile a quella di altri colleghi, possa spingere davvero sulla strada di una regolamentazione di questi casi. E, comunque, si discuta politicamente dei paradossi, delle ingiustizie e del fatto che il carcere per reati giornalistici non è mai un segno di libertà e democrazia.