Rilanciare un movimento di solidarietà con il popolo palestinese per una pace basata sulla giustizia

Di Carla Cocilova responsabile attività Internazionali Arci Toscana.

Gira una lettera in Europa firmata da 16 Ministri degli Esteri. Scorrendo i nomi troviamo anche quello di Paolo Gentiloni, insieme a quelli dei suoi colleghi europei. Non ci sarebbe molto da segnalare, se non che l’obiettivo della lettera è quello di chiedere che sulle etichette dei prodotti provenienti dalle colonie, costruite illegalmente da Israele nei Territori Palestinesi dentro i confini del 1967, sia chiaramente indicata la provenienza. Conoscendo le politiche del nostro paese, e dell’attuale governo che è riuscito a votare due diverse mozioni sul riconoscimento dello stato di Palestina, questa lettera ci appare come un unicum, come un elemento da non sottovalutare, soprattutto da parte di coloro che, come l’Arci, hanno sempre promosso una risoluzione del conflitto israelo-palestinese basato sulla giustizia. Le colonie sono illegali, lo dice il diritto internazionale ed è chiaramente scritto su questo documento, sono inoltre ad oggi lo strumento peggiore dell’occupazione israeliana, perché elemento fisico e permanente, che cambia in maniera pressoché definitiva la conformazione del territorio e della popolazione che lo abita. Crea inoltre un livello altissimo di conflitto locale ed è il simbolo della disuguaglianza e dell’apartheid a cui il popolo palestinese è sottomesso. Un recente rapporto di Human Rights Watch ha raccontato come nelle colonie si usi manodopera di minori palestinesi, che disperati e impoveriti dall’ulteriore deterioramento dell’economia palestinese, situazione dovuta principalmente alla chiusura e alla frammentazione del territorio, sono costretti allo sfruttamento e ad essere doppiamente vittime di un’occupazione che nega in primo luogo i loro diritti. Le colonie sono inoltre il tema centrale su cui Netanyahu ha giocato la sua campagna elettorale. In una crisi economica e sociale che colpisce la popolazione di Israele in maniera molto dura, la retorica del rilancio a partire da nuove risorse, soprattutto nell’agricoltura, nuove costruzioni e annessione di nuova terra, ha evidentemente pagato. In una situazione così complessa, con gli accordi di pace ancora lontani e alcune situazioni limite, come per esempio la progressiva colonizzazione di Gerusalemme Est con la distruzione di interi quartieri storici come Silwan e Sheikh Jarrah, l’isolamento totale di Gaza distrutta dai bombardamenti e non ancora minimamente ricostruita, si colloca un Europa che continua ad avere difficoltà a prendere posizioni. In questo contesto una lettera come quella dei 16 ministri degli esteri di diversi paesi di Europa diventa uno strumento molto importante per rilanciare anche nel nostro paese un movimento di solidarietà verso il popolo palestinese, che sia consapevole di quali strumenti, anche e soprattutto del diritto internazionale, possono essere utilizzati per raggiungere l’obiettivo che i nostri amici e compagni israeliani e palestinesi ci chiedono, ancora una volta con la forza e la dignità che li contraddistingue: una pace basata sulla giustizia.