Di Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci.
L’assemblea di sabato scorso ha segnato l’avvio del percorso della Coalizione Sociale che ci ha visti impegnati fin dall’inizio, su invito della Fiom di Maurizio Landini. Non si tratta, è bene ripeterlo, né di un soggetto politico, né tanto meno della costruzione di un nuovo partito come ha ribadito nel suo intervento finale il segretario della Fiom. È stato prodotto un documento, scritto da più soggetti insieme, che individua le principali criticità in Italia e in Europa, indica delle priorità e un metodo d’intervento. La Coalizione è quindi uno spazio d’iniziativa, animato da soggetti diversi che hanno condiviso una riflessione sulla crisi che attraversa la società e che rischia di travolgere i principi della nostra Costituzione, e che provano a far partire un processo di convergenza di vertenze e pratiche territoriali. L’Arci è un’associazione di promozione sociale, radicata sul territorio, fatta da uomini e donne preoccupati per il progressivo deterioramento della nostra democrazia e per la disaffezione diffusa verso la politica e le istituzioni. In questi anni il nostro impegno in spazi collettivi, in coalizioni con obiettivi specifici, è diventato una delle caratteristiche della nostra identità associativa, sia a livello nazionale e internazionale, che a livello locale. La nostra autonomia si misura proprio nella capacità di stare in relazione con tanti, di promuovere e sostenere percorsi collettivi, per determinare quei cambiamenti, quell’alternativa culturale e sociale di cui il Paese ha bisogno. Va infatti sconfitta l’egemonia culturale conquistata da una destra che è stata in grado di consolidare il suo consenso, e proprio in quei settori sociali più tradizionalmente legati alla sinistra – lavoratori, disoccupati, studenti, precari, oltre che in una classe dirigente che sostiene apertamente quel capitalismo finanziario che riduce sempre più gli spazi di democrazia e di partecipazione, cancella legami sociali e senso di appartenenza a una comunità. Per questo la proposta della Fiom ci è parsa utile e adeguata alla sfida che hanno di fronte le organizzazioni sociali. Emerge infatti in tanti ambiti un palese fastidio a confrontarsi con chi rappresenta gruppi di persone organizzate – associazioni, movimenti, sindacati, fino a teorizzarne l’inutilità svuotandone il ruolo. La novità rappresentata dalla Coalizione Sociale sta nel mettere al centro di questo percorso comune la critica ad un modello di società e di democrazia che produce ingiustizie e discriminazioni. Tutto ciò sostenuto dall’idea, che rappresenta insieme metodo e contenuto, di partire dai territori, dalle vertenze e dalle pratiche già sperimentate in risposta alle contraddizioni prodotte dall’austerità e dal ruolo soverchiante della finanza sulla politica. Con una valorizzazione delle esperienze di mutualismo, che appartengono anche alla nostra storia, per motivare le persone ad essere protagoniste di un processo di cambiamento che parta dal basso. Un processo che, anche in ragione del soggetto che l’ha promosso, un sindacato, mette al centro il lavoro e la sua funzione di emancipazione delle persone, come d’altra parte recita la nostra Costituzione all’articolo uno. La sinistra politica, che oggi è frammentata e debole, non può che trarre vantaggi da una convergenza delle realtà sociali in un percorso d’iniziativa comune, radicato sul territorio. Per l’Arci, la cui identità deriva dal radicamento sociale e dall’appartenenza al campo della sinistra, la Coalizione Sociale rappresenta un’opportunità che va riempita con i propri contenuti, e a cui si partecipa con l’umiltà di chi si mette a disposizione per sperimentare un’ipotesi di cambiamento. Provare a fare la propria parte, mettersi in gioco può comportare dei rischi. Ma solo chi non fa non sbaglia, come ci ha insegnato un nostro vecchio maestro, Tom Benetollo.