Razzismo e xenofobia, le armi di una cultura di destra che va sconfitta

Di Francesca Chiavacci Presidente Nazionale Arci.

Le politiche dell’accoglienza, quelle che in questi anni tra tante difficoltà e resistenze sono state sviluppate nel nostro paese (anche grazie al nostro lavoro), vivono su un crinale pericoloso. In questi mesi, abbiamo innanzitutto assistito, e assistiamo, a fenomeni vergognosi di corruzione e criminalità organizzata che proprio nelle politiche di accoglienza hanno trovato il terreno su cui lucrare. Dall’altro, una nuova ondata di populismo e di demagogia razzista e xenofoba ha trovato benzina con cui alimentare la macchina della paura. Il proclamato blocco dell’ingresso dei profughi nelle regioni del nord fomenta una nuova campagna contro l’immigrazione, e la lettera di Maroni ai prefetti lombardi è solo una delle tante mosse di questa nuova ondata discriminatoria. In gioco c’è una difficile battaglia culturale che il nostro paese non può permettersi di perdere, pena un nuovo arretramento sul fronte dei diritti e della solidarietà. In questi anni, anche il nostro lavoro ha contribuito a consolidare pratiche di accoglienza e umanità. Ci siamo battuti contro il ‘cattivismo’, ci siamo battuti contro i grandi concentramenti, ci siamo battuti contro tutte le tipologie di detenzione di persone che mettono piede nel nostro paese in maniera ‘irregolare’. Ma è evidente che il nostro lavoro, così come quello di tante altre organizzazioni e reti antirazziste, non è stato sufficiente a creare un robusto argine contro orientamenti e forze che giocano la loro azione sul timore, sul panico, sulla paura. Basta vedere il risultato delle urne di domenica 31 maggio: tutti perdono voti, l’unica forza che guadagna è la Lega, che ha condotto tutta la sua campagna elettorale fomentando razzismo e individualismo. E forse colpisce più l’immaginario collettivo la raffigurazione mediatica che associa immigrazione a criminalità e ogni sera ci propina immagini di cittadini infuriati, contrapponendo la gestione dell’accoglienza alle difficoltà quotidiane di un paese in crisi, che tante affermazioni provocatorie e insultanti di Matteo Salvini. Noi sappiamo che oggi le migliaia di persone, che arrivano rischiando tutto nel nostro Paese, sono vittime della guerra che ha colpito le loro terre, di un sistema legislativo che non gli consente di vedere riconosciuto il loro status, e infine anche della corruzione e delle ruberie perpetrate da alcune amministrazioni pubbliche e organizzazioni (anche del cosiddetto Terzo Settore) che provano ad arricchirsi sul sistema di accoglienza. È arrivato il momento di compiere una riflessione di carattere più generale riguardo alla battaglia complessiva sull’antirazzismo e sulla lotta alla xenofobia. Se oggi ci ritroviamo ancora una volta a subire una nuova ondata di repulsione dell’altro, sicuramente è frutto dell’indifferenza dell’Europa e di una politica italiana che non ha ancora raggiunto la maturità per confrontarsi in modo razionale con il governo del fenomeno dell’immigrazione. Ma è un dato che il movimento antirazzista, che animiamo e di cui siamo protagonisti da tanti anni, nonostante uno sforzo immane, non è stato in grado di fare in modo che le questioni dell’accoglienza, dell’ospitalità, dell’ampliamento dei diritti da diffondere nella società siano diventate un patrimonio comune di sentimenti, visioni, sensibilità in grado di mettere all’angolo le pulsioni della pancia più individualista del paese. Forse non siamo riusciti a proiettare a sufficienza il dibattito al di fuori dei confini degli addetti ai lavori. È il momento di fare in modo che tutta la nostra associazione, l’unica in grado di farlo nei territori, rimetta al centro di ogni sua iniziativa questo lavoro, che è innanzitutto culturale. Anche per cancellare quel pensiero sotterraneo secondo cui i 22mila morti in mare dal 2000 ad oggi sono uno scampato pericolo, anzichè rappresentare un crimine contro l’umanità.