Buona Scuola: uno schiaffo alle idee di uguaglianza e democrazia

Di Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti.

La riforma della scuola salta la commissione Istruzione e finisce nell’Aula del Senato dove il Governo porrà la questione di fiducia. Giovedì c’è il voto e poi la Buona Scuola dovrebbe fare un ultimo passaggio alla Camera per diventare legge entro fine mese. Dopo la falsa apertura degli scorsi giorni si compie l’ennesima forzatura autoritaria. Le piazze intanto continuano a rivendicare con chiarezza lo stop del ddl e l’apertura di un vero dibattito democratico nel Paese. Perché? Perché, a dispetto della retorica renziana, la mobilitazione della scuola vuole cambiare radicalmente la scuola italiana, ma in una direzione completamente opposta a quella delineata dai tecnici della maggioranza. E prima si deve certamente disporre un decreto per le assunzioni che, come più volte dimostrato, possono viaggiare autonome dal percorso del ddl. Invece il Governo è sempre più sordo e testardo. Si risponde alle scuole dilaniate dalle riforme degli ultimi anni lasciando le scuole a se stesse, chiedendo loro di diventare ‘imprenditrici’ per autopromuoversi, di recepire fondi dal territorio e dai privati, di chiedere alle famiglie contributi volontari senza investimenti sul diritto allo studio. Il risultato è solo quello di inasprire le disuguaglianze già oggi ben visibili e di piegare le scuole alle esigenze del sistema produttivo in maniera acritica, con un rapporto tra scuola e mercato del lavoro schiacciato sulle esigenze di quest’ultimo senza chiedersi quali siano le sue distorsioni. Nel mentre si accontentano ancora una volta le scuole private. Eppure le priorità alternative ci sono e sono contenute ne l’Altra Scuola, la grande proposta studentesca maturata negli ultimi anni di mobilitazioni e discussioni: finanziamenti, diritto allo studio, alternanza scuola lavoro di qualità, edilizia scolastica, una radicale riforma della valutazione, una nuova idea di autonomia scolastica e una revisione dei cicli formativi, della didattica e dei programmi. Cambiando la scuola si cambia la società: tutti sappiamo che non vi è nulla di più vero. E se oggi la scuola continua ad essere imperniata su un principio di eguaglianza forse è un problema per qualcuno. Non è in gioco una semplice accozzaglia di articoli denominati ‘riforma’, quanto l’idea generale di scuola e di Paese. Per questo c’è in campo uno scontro ideologico e culturale: da un lato chi difende e promuove una scuola di qualità per tutti, dall’altro chi la considera come un servizio da far fruttare. E il servizio non sarà più per tutti: dipenderà dal contesto sociale ed economico di partenza, in barba alla concezione di diritto maturata con le lotte degli ultimi decenni. La privatizzazione pertanto non sarà formale ma sostanziale e l’azienda sarà il paradigma dal quale partire per ristrutturare la scuola al suo interno e la sua relazione col territorio circostante. Per questi e per tanti altri motivi il movimento della e per la scuola pubblica non si arresterà, fiducia o non fiducia. È in gioco un modello sociale, culturale e di lavoro: è necessario proseguire questa battaglia di tutti e per tutti.