Si chiude a Bruxelles il progetto Cartt

Di Alessandro Cobianchi, coordinatore Carovana Antimafie.

Il 30 giugno, a Bruxelles, si è chiuso il progetto Cartt che, di fatto, intreccia due edizioni della Carovana Internazionale Antimafie, quella del 2014 e quella del 2015, quasi un passaggio di testimone fra un viaggio che termina e un altro che inizia. Ci troviamo in una fabbrica dismessa, The egg, nei pressi della Gare du Midi, rivalutata come centro congressi e sede di enti che si occupano di innovazione. Si tratta di uno spazio comunale molto interessante ma leggermente decentrato rispetto al Parlamento Europeo, dove si sarebbe dovuto tenere il nostro incontro se non ci fosse stato un disguido. È una casualità, ma si trasforma in metafora: il tema di Cartt, quello della lotta alle nuove schiavitù, nonostante gli sforzi, proprio come questa straordinaria struttura che ci ospita, resta ancora decentrato rispetto alle agende politiche di molti Stati europei e della stessa Unione. Sono presenti i partner del progetto con l’Arci capofila. Il dibattito, libero da formalità, analizza con attenzione i fenomeni di ciascun Paese coinvolto. Tutto questo si è intrecciato con il resoconto di 18 mesi di incontri e scambi. Ligue, Initjiamed, Parada, Libera e Arci sembrano davvero aver trovato un filo comune che, tramite i workshop e le tappe di Carovana, ci ha permesso non solo di leggere i fenomeni della tratta ma di costruire un metodo comune che sarà utile anche in futuro. L’handbook prodotto e che presto sarà presentato in Italia, lo dimostra. Il campo realizzato a Rosarno ai primi di giugno ha dato un contributo a questa chiusura, perché c’è stato il tempo della sintesi e del confronto. Diversi partner hanno raccontato quanto il progetto Cartt sia stato importante per sollecitare una maggiore attenzione al tema della tratta. In particolare maltesi e francesi hanno rilevato come, anche attraverso il metodo di Carovana, si siano potuti introdurre elementi di novità nella discussione dei partner e del contesto più ampio del Paese in cui operano. L’educazione non formale è stato uno dei punti di forza del progetto. L’intervento di Parada è servito a chiarire che possono esservi le stesse modalità di azione quando i contesti sono simili seppur in aree geografiche differenti. Negli interventi di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, e di Antonella Micele, vicepresidente di Avviso pubblico, c’è la proposta: associazioni, sindacati ed enti locali possono svolgere un ruolo fondamentale, e non solo in termini di sensibilizzazione. Devono essere capaci di divenire reti, reali e coese, quindi efficaci, a partire dallo scambio delle esperienze e delle buone pratiche. Per rafforzare le politiche di lotta alla tratta si deve innalzare il livello dei diritti in tutta Europa e ridare forza alla politica perché, se questa è debole, le prime a beneficiarne sono proprio le organizzazioni criminali. Le attività di questi mesi ci lasciano un’eredità complessa, che meriterà una più attenta valutazione. Intanto una prima risposta arriva dai saluti fra i partecipanti, nessun addio ma tanti arrivederci.