Di Alessio Gallotta, Esecutivo nazionale Rete degli Studenti Medi.
Fin dall’inizio del suo mandato, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha speso molto tempo della sua continua campagna elettorale nel fare promesse sulla scuola. Iniziando con una promessa di investimenti in edilizia scolastica, ha infine prodotto la tanto annunciata Buona Scuola, una riforma del sistema scolastico basata da un lato sull’abolizione del precariato tramite l’assunzione di alcuni e il licenziamento di altri e dall’altra sulla revisione della struttura dell’autonomia scolastica in senso aziendalistico e privatistico. Il 22 maggio, dopo un autunno pieno di manifestazioni e mobilitazioni contro questo progetto, è stato approvato alla Camera. Il fulcro di tutta la riforma è l’autonomia scolastica, deformata in senso autoritaristico e aziendalistico; l’autonomia deliberativa e operativa del Dirigente Scolastico (DS) viene vista come soluzione alle difficoltà del sistema scolastico, mentre gli organi collegiali vengono messi in secondo piano, come se fossero un peso per i nostri istituti. Tutto questo nella totale assenza di incrementi dei fondi per il diritto allo studio e con un’alternanza scuola lavoro fortemente incentrata sulla quantità di lavoro svolto piuttosto che sulla qualità dell’apprendimento. Nel complesso, quindi, misure che mettono in pericolo e tradiscono l’autonomia del mondo dell’istruzione e l’idea stessa di scuola pubblica: si è realizzata insomma la scuola-azienda. Dal 10 ottobre ad oggi, il mondo della scuola si è mobilitato sempre di più per rifiutare quest’idea di scuola e chiedere invece una scuola buona per davvero. Ma il Governo e il Parlamento non ci hanno ascoltati. Il 5 maggio lo sciopero del comparto scuola ha toccato una partecipazione mai vista, non solo di docenti ma di tutto il mondo della scuola, studenti in testa. E per tutta riposta, il Governo Renzi e il suo establishment hanno organizzato un’operazione di falso dialogo, convocando incontri in cui da un lato cercava di dividere il fronte, dall’altro non era disponibile a cambiare la riforma nei suoi punti chiave. Infine, l’ultimo colpo al Senato: il maxiemendamento che ha scavalcato tutte le proposte di modifica, anche quelle atte a migliorare il testo e instaurare un dialogo reale, e la questione di fiducia posta dal Governo, hanno determinato uno strappo tremendo e insopportabile. Per questo la battaglia per una scuola inclusiva, laica, democratica, partecipativa non si ferma e non si fermerà nei prossimi mesi. Partirà dal primo giorno di scuola quando ci mobiliteremo per stravolgere le parole d’ordine su cui è costruita la Buona Scuola e per fermare le deleghe in bianco date dal Parlamento al governo su temi fondamentali come il diritto allo studio. Fin dall’inizio praticheremo la solidarietà, l’incontro con l’altro e connetteremo con tutti gli attori del mondo della scuola un fronte coeso per rilanciare un’altra narrazione: la Buona Scuola non è né questa né quella precedente la riforma, ma è tutta da costruire con uno sguardo al futuro e non al passato remoto.