Due referendum per abrogare la legge elettorale

Di Alfiero Grandi, coordinamento per la democrazia costituzionale.

Renzi incontra difficoltà maggiori del previsto a fare approvare il pasticcio delle modifiche alla Costituzione, ma il rinvio a settembre non deve trarre in inganno. La legge elettorale fatta approvare con il voto di fiducia ha senso solo insieme alle modifiche della Costituzione e contraddice la sentenza della Corte. Il giudizio negativo va dato sull’insieme dei due provvedimenti, singolarmente incomprensibili. Il coordinamento ha sempre insistito sull’insieme, infatti ha proposto di unire la campagna per il no al referendum sulle modifiche alla Costituzione, che si terrà quasi certamente nella primavera 2016, con la raccolta delle firme per due referendum abrogativi sulla legge elettorale: 1) premio di maggioranza, primo e secondo turno; 2) parlamentari ‘nominati’, che saranno il 60% della futura Camera, unico ramo del Parlamento che darà o toglierà la fiducia al governo. Le modifiche della Costituzione e la nuova legge elettorale farebbero del governo il vero depositario del potere di decisione. La Camera non sarebbe più rappresentanza dell’elettorato ma un organo subalterno al governo. Le garanzie di equilibrio istituzionale, bene o male rappresentate dall’esistenza di due Camere, verrebbero meno perché il Senato è ridotto ad un organo posticcio, senza reale autonomia perché non eletto direttamente, una sorta di dopo lavoro istituzionale. Così avremmo un accentramento di poteri senza precedenti nelle mani del governo e in particolare del Presidente del Consiglio, in grado di imporre ai soggetti sociali decisioni, come per il Jobs act e la scuola, e di escludere le comunità locali dalle scelte che le riguardano. L’obiettivo è chiaro: decidere ad ogni costo e avere il potere di imporre le decisioni. Non sarà più il governo a tenere conto della realtà, ma la realtà a dovere subire le imposizioni del governo. Una svolta con forti caratteri autoritari. C’è chi pensa che i referendum sulla legge elettorale andrebbero fatti nel 2016, ma è impossibile raccogliere le firme necessarie entro il 30 settembre, come prevede la legge, senza coinvolgere uno schieramento ampio e inclusivo, tanto più indispensabile nella campagna elettorale referendaria se si vuole vincere lo scontro con il governo Renzi. Occorre costruire uno schieramento in grado di vincere la sfida sia della raccolta delle firme, sia di convincere la maggioranza degli elettori che è indispensabile votare. Di questi tempi è un’impresa politica difficilissima. I referendum del 2011 hanno raggiunto il quorum dopo 25 anni di fallimenti, ma l’astensionismo non era ai livelli attuali. Raccogliere le firme durante la campagna per il No al referendum costituzionale consente di non separare i due aspetti (Costituzione e legge elettorale) nella mobilitazione politica. Anche il merito dei quesiti referendari va subordinato ad una verifica di consenso che stiamo facendo sottoponendoli a tutti i soggetti politici e sociali. Certamente sta a cuore a tutti che problemi come quello della scuola siano oggetto di iniziative nella stessa stagione referendaria.