Cittadinanza, la legge slitta ancora: in aula in autunno tra le polemiche

Di Filippo Miraglia, Vicepresidente nazionale Arci.

La riforma della legge sulla cittadinanza slitta ancora: ora si dice che arriverà in aula in autunno, con un testo già approvato in commissione. L’ennesimo rinvio che non ci piace, perchè da un lato conferma lo scarso interesse di questo governo per questa materia e dall’altro fa temere che si arrivi ad una legge ‘contentino’ anziché a una riforma seria. L’iter in Commissione è ripreso con le ultime audizioni. Poi si comincerà ad esaminare il testo, che contiene la sintesi delle 22 proposte di legge di riforma depositate alla Camera. Si procederà poi con gli emendamenti, per arrivare a un testo unificato che a settembre possa approdare in aula. Nelle proposte di legge depositate si va dalla richiesta di uno ius soli temperato al c.d. ius culturae. Quello che è certo è che la riforma riguarderà almeno i minori, nati in Italia da cittadini stranieri o arrivati da piccoli. Su questo aspetto c’è accordo unanime: la discussione in questo caso si concentrerà su come ‘temperare’ lo ius soli, cioè in che modo permettere ai bambini nati in Italia di diventare italiani, se legarlo al tempo di permanenza legale dei genitori, o alla frequenza della scuola da parte dei bambini (ma in questo caso si tratterebbe di un’insopportabile esame di italianità). Più difficile sarà riformare la parte della legge che riguarda la naturalizzazione, cioè la possibilità per gli adulti regolarmente residenti di diventare cittadini. Secondo la legge attuale servono dieci anni di residenza stabile (quattro per i cittadini di uno stato dell’Ue), ma a causa delle lungaggini burocratiche dal momento della richiesta al riconoscimento effettivo ne passano oramai almeno altri 3. Alcune delle proposte chiedono dunque di semplificare le procedure e di accorciare i tempi di permanenza legale. Secondo altri (il centrodestra) questa parte del testo non va toccata e su questo è in atto un vero e proprio braccio di ferro, che potrebbe portare a sacrificare questa parte della riforma per arrivare a un accordo più rapido sui minorenni. La proposta finora circolata, prodotta in primo luogo dal PD, è quella dello ius soli temperato, da legare cioè al soggiorno regolare di cinque anni di almeno uno dei genitori. Nel centrodestra continua invece a prevalere l’idea di condizionare la cittadinanza ad una prova di italianità chiamata ius culturae. Si diventa italiani non alla nascita ma solo dopo aver frequentato un corso di studi nel nostro paese. Qui, però, si va da chi chiede la frequenza di un solo corso fino a chi propone, oltre a tutto il ciclo di scuola, anche il superamento dell’esame di terza media. Ipotesi tutte punitive, che guardano solo agli interessi elettorali di questo o quel soggetto e non alla necessità di governare un fenomeno che riguarda il futuro dell’Italia. Non è più sopportabile che decine di migliaia di bambini e bambine continuino a nascere stranieri e a crescere con regole diverse e discriminatorie rispetto ai loro coetanei italiani. L’Italia deve riformare con urgenza la legislazione per evitare di diventare, fra pochi decenni, un paese di stranieri.