Il Consiglio europeo delude sull’accoglienza e rilancia sulle esternalizzazioni

Di Sara Prestianni, ufficio Immigrazione Arci nazionale.

Il 20 luglio si sono riuniti i ministri dell’Interno e della Giustizia europei per giungere all’accordo, proposto dalla Commissione nell’ambito dell’Agenda europea, di ricollocare in due anni 40mila richiedenti asilo eritrei e siriani, arrivati in Italia ed in Grecia, negli altri Stati membri. Di fronte a questa proposta, ci sono state violente reazioni di rigetto, dall’Inghilterra che si è detta disponibile ad intervenire in mare a patto che nessun migrante arrivi sul suo territorio, al rifiuto categorico di Austria e Ungheria. Sebbene la cifra fosse bassa, anche in questo Consiglio 28 paesi non sono riusciti ad accordarsi per accogliere 40mila richiedenti asilo già presenti in Europa. Si sono fermati a 32. 256. Il governo sembra minimizzare la gravità dell’immobilismo europeo, e sottostima l’effetto boomerang per Italia e Grecia della ricollocazione, poiché in cambio viene imposta la presa delle impronte digitali di tutti coloro che arrivano e l’apertura di hotspot in cui, oltre alle autorità italiane, saranno presenti le varie agenzie europee. Se il Consiglio ha fallito sull’accoglienza, nel documento conclusivo sembra confermato il principio già ribadito della «politica attiva, globale e geograficamente equilibrata dell’UE in materia di migrazione esterna». Un eufemismo per parlare di collaborazione con i paesi di origine dei migranti per bloccarne le partenze, con quelli di transito per impedirne l’accesso al territorio europeo. Si fa infatti riferimento esplicito alla strumentalizzazione dei fondi allo sviluppo che saranno erogati solo in caso di collaborazione nell’ambito della migrazione. L’Italia non ha aspettato le direttive europee per procedere in questo senso, riproponendo il modello di accordi bilaterali sperimentato con la Libia di Gheddafi. Dal 2014 terreno privilegiato delle relazioni sembra diventato il Corno d’Africa, come se le politiche di esternalizzazione seguissero le antiche logiche della storia coloniale. Pericolosissima anche la relazione che si sta aprendo con la dittatura eritrea, nonostante proprio gli eritrei rappresentino uno dei gruppi di rifugiati più numeroso in Italia. In un articolo del Guardian si cita una visita di funzionari italiani nel paese governato da Afewerky, condannato recentemente in un rapporto ONU per crimini contro l’umanità, con l’annuncio di un fondo allo sviluppo di 2,5 milioni di euro per la dittatura eritrea. Le relazioni con i Paesi del Corno d’Africa in generale e in particolare con il Sudan si sono intensificate, in preparazione delle riunioni del Processo di Khartoum, un piano di cooperazione tra paesi dell’Unione europea e del Corno d’Africa per prevenire la tratta di esseri umani, proposto dalla presidenza italiana dell’UE.