Corpi Civili di Pace: la sperimentazione deve essere inclusiva

Di Silvia Stilli, direttrice Arcs.

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 maggio il decreto interministeriale sui Corpi civili di pace. Parte la fase di sperimentazione di un percorso di volontariato per 500 giovani in 2 anni (2015-2016) in zone di post conflitto ed emergenza per: sostenere i processi di democratizzazione,mediazione e riconciliazione e le capacità operative e tecniche della società civile locale per la risoluzione dei conflitti; monitorare il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario; realizzare attività umanitarie, tra cui sostegno a profughi, sfollati e migranti, reinserimento sociale degli ex-combattenti, facilitazione dei rapporti tra comunità residenti e i profughi, sfollati e migranti; promuovere l’educazione alla pace; sostenere la popolazione civile che fronteggia emergenze ambientali, nella prevenzione e gestione dei conflitti generati da tali emergenze. L’istituzione di questa sperimentazione è all’interno della articolo 1, comma 253, della legge finanziaria del 2014 n.147 del 27 dicembre 2013. Il ‘padre’ ispiratore è il compianto Alexander Langher, attivista pacifista e umanitario. L’Arci è tra le realtà che hanno chiesto di attivare questo processo delicato, che richiede una forte attenzione delle associazioni ed enti di invio nella formazione e nell’offrire opportunità di inserimento in progetti che siano rispondenti alle finalità del programma. Si è in attesa dell’uscita del bando, con l’auspicio che vengano inserite alcune modifiche rispetto al Decreto, laddove sono stati indicati parametri troppo restrittivi per la partecipazione inclusiva degli attori sociali alla fase di sperimentazione, paradossalmente penalizzando il protagonismo delle stesse ong di cooperazione internazionale.