Il difficile iter del disegno di legge di riforma del Terzo settore

Di Maurizio Mumolo, Reti di Terzo Settore e Fondazioni.

Il DDl di riforma del Terzo settore che era stato approvato con un iter accelerato alla Camera è ora fermo da mesi al Senato. Le ragioni dello stallo sono di natura tecnica e politica. La commissione del Senato alla quale è stata affidato il provvedimento è la Affari Costituzionali, quella dal calendario di gran lunga più affollato perché deve fornire pareri preliminari su tutte le leggi in discussione oltre a trattare temi molto impegnativi, come la riforma del Senato, quindi ha poco tempo da dedicare ad altri argomenti. Al Senato non esiste una commissione equivalente alla ‘Affari sociali’ della Camera, il DDl poteva essere assegnato anche alla commissione Lavoro (per affinità) o alla Giustizia (trattandosi di riforma del codice civile), ma si è deciso diversamente. Altro problema: dato il profilo, tutto politico dei componenti della commissione affari costituzionali si è scelto come relatore un esterno, il sen. Lepri, maggiormente competente in materia. Questa scelta, forse inevitabile, ha però ulteriormente complicato la vicenda. Queste le ragioni di natura, per così dire, tecnica, ma ci sono anche ragioni più di merito. Il sen. Lepri non ritiene di interpretare il suo ruolo come quello di un semplice accompagnatore di un provvedimento già del tutto definito, ma ritiene necessario apportarvi anche modifiche molto sostanziali: solo per citare i titoli, si va dalla riscrittura delle caratteristiche dei Centri di servizio per il Volontariato, alla ridefinizione civilistica di ente non commerciale, all’introduzione di importanti modifiche dell’impresa sociale, all’aggiornamento della parte fiscale, fino alla stessa definizione di ente di Terzo settore contenuta nell’art. 1. Come si vede, tutte tematiche di grande rilievo, ciascuna delle quali richiederebbe un approfondimento non facile e non breve. Peraltro siamo ancora alle anticipazioni perché di scritto non c’è ancora nulla in quanto la scadenza per la presentazione degli emendamenti, rimandata più volte, è stata fissata per il prossimo 7 settembre. Solo allora potremo vedere il testo di quello che si preannuncia, almeno nelle intenzioni del relatore, un nuovo Ddl. In pratica si stanno scontrando due concezioni diverse: da una parte quello emerso alla Camera che preferisce una legge di riordino e adeguamento della normativa già esistente, dall’altra quella che si sta annunciando al Senato che raffigura una riscrittura più radicale e complessiva. Alcuni organi di informazione, Vita in testa a tutti, sta criticando duramente questi ritardi, richiamando il Governo all’urgenza dell’approvazione. In realtà le organizzazioni del terzo settore sembrano molto tiepide al riguardo, e per un semplice motivo: il testo uscito dalla Camera aveva bisogno di una revisione su alcuni punti importanti, e quindi è meglio dedicare del tempo per produrre una buona legge che approvare in fretta una legge dall’applicazione problematica. Questa è anche l’opinione del Forum del Terzo settore che, pur apprezzando una serie di modifiche annunciate dal sen. Lepri, vede tutti i pericoli di una radicale rimessa in discussione dei capisaldi della legislazione vigente. Le leggi hanno lo scopo di riordinare, innovare e promuovere ma non possono non tenere conto della realtà per come si è affermata nel corso degli anni. É anche il caso del Terzo settore italiano: tutti enfatizzano il grande contributo che dà alla crescita sociale ed economica del paese, ma introdurre modifiche radicali al suo assetto rischia di fargli perdere identità e valore.