Morire di lavoro

Di Giancarlo Pizzardi, presidente Arci Piemonte.

Mentre la città di Carmagnola, in provincia di Torino, si appresta ad inaugurare la 66esima Sagra del peperone, non si può rimanere sordi alle recenti notizie che ci giungono dagli organi di stampa. La storia di Ioan Puscasu, morto il 17 luglio scorso mentre stava lavorando in una serra carmagnolese, non può che suscitare l’indignazione di tutti. Sono tante le persone morte sul lavoro nell’ultimo anno. Troppi le lavoratrici e i lavoratori sfruttati dalle agromafie e caporalato le cui strazianti storie vengono narrate dai giornali quotidiani. Donne e uomini che, per scappare dalla miseria o dalla guerra, si ritrovano a lavorare in condizioni miserabili che il nostro paese e la nostra storia non possono assolutamente tollerare. Storie che fino a ieri sentivamo come lontane dal nostro vissuto quotidiano, diverse sicuramente nella trama e nella forma da quella di Ioan, ma ugualmente aberranti e fuori da ogni logica umana. Ioan era in tutto e per tutto un nostro concittadino che viveva e lavorava da 12 anni in una azienda agricola carmagnolese. Mai regolarizzato, lavorava come bracciante a 3,5 € all’ora fino a 10 ore e più al giorno in condizioni indegne e inumane. La sua storia deve essere un monito per il futuro delle nostre comunità affinchè certe pratiche non trovino più cittadinanza. Il tragico accaduto non è altro che la punta dell’iceberg di un modo diffuso di esercitare queste forme allucinanti di sfruttamento anche nel ‘civilissimo’ Piemonte. Nel territorio saluzzese, in provincia di Cuneo, pur essendo assente il fenomeno del caporalato, vige la regola del reclutamento ‘pilotato’. Reclutamento che avviene tramite il contatto diretto fra datore di lavoro e lavoratore, con l’accettazione da parte dei migranti di proposte di ingaggio molto sfavorevoli sia per quanto riguarda la flessibilità oraria, sia la retribuzione e la copertura previdenziale, collegate ad una notevole elusione contributiva. In attesa degli organi competenti, dato che ovviamente i lavoratori rinunciano ad avviare vertenze che precluderebbero loro l’accesso a futuri contratti, il problema più grave rimane quello abitativo. A Canelli, in provincia di Asti, i lavoratori stagionali delle vigne, principalmente immigrati dall’est europeo, vivono da agosto ad ottobre in tendopoli improvvisate nei boschi e nella periferia del paese, senza alcun intervento, almeno nel campo igienico e sanitario, da parte dell’amministrazione comunale. Diritto alla casa e miglioramento della condizione lavorativa sono al proposito il cavallo di battaglia del Comitato antirazzista saluzzese, che dal 2010 è a fianco dei migranti in questa difficilissima causa. Per tutto questo durante la Sagra del peperone di Carmagnola, in occasione di un’iniziativa programmata il 3 settembre dal circolo Arci Margot con il presidio di Libera Il karma di Ulisses, alla presenza del magistrato Giancarlo Caselli, verrà dato spazio ad un dibattito pubblico, con la speranza di gettare le basi per costruire percorsi di consapevolezza e sensibilizzazione sul tema. Arci intende essere protagonista di questi percorsi e parteciperà al dibattito con Filippo Miraglia e Walter Massa.