Unioni civili: la solita anomalia italiana

Di Bia Sarasini, giornalista, già direttrice di Noi Donne.

È un percorso a ostacoli, quello che si è aperto in commissione giustizia al Senato mercoledì 2 settembre per il ddl sulle Unioni Civili. Nulla di nuovo, in verità, per una legge che è al centro di un intenso scontro ideologico mai risolto, che si può riassumere così: le unioni civili equivalgono al matrimonio? Vale la pena di ricordare che la prima grande modifica, avvenuta sempre su spinta cattolica, è stata la separazione tra unioni civili, riservate a coppie dello stesso sesso, di cui si occupa la prima parte della legge, e dall’altra parte la regolamentazione delle convivenze, che riguardano esplicitamente le coppie di fatto eterosessuali. L’obiettivo era scongiurare la svalorizzazione dell’istituto del matrimonio. Non sorprende che i lavori si riaprano con l’accettazione da parte della relatrice Monica Cirinna’ (Pd) di alcune delle proposte dei cattolici del Pd. Il nuovo testo chiarisce che le unioni civili sono un « istituto originario», che nulla ha che fare con il matrimonio. Viene eliminato dunque ogni riferimento all’articolo 29 della Costituzione, che definisce il matrimonio. Nello stesso spirito, invece dei riferimenti agli articoli del codice civile che regolano il matrimonio, verranno elencati i diritti che il ddl prevede per le ‘unioni civili’ tra le persone dello stesso sesso. Questo è il risultato della mediazione portata a termine, all’interno del PD,dal cattolico Giorgio Tonini. Ma sarà sufficiente a garantire il risultato positivo, in commissione e nella votazione in aula? Il premier Matteo Renzi ostenta ottimismo. Intervistato alla vigilia dei lavori in commissione dal Corriere della Sera ha dichiarato: «Le unioni civili si faranno. Punto». In termini stretti, di voti, la legge dovrebbe farcela, perché Movimento5Stelle e Sel sono pronti a sostenerla, se non ne verrà stravolto l’impianto, cioè la parità tra unioni e matrimonio. È la maggioranza a essere in difficoltà. I senatori Ncd non hanno nessuna intenzione di votare a favore, e qui naturalmente i problemi specifici della legge si intrecciano con la tenuta della maggioranza, e della legislatura. In ogni caso il senatore Carlo Giovanardi, capogruppo Ndc-Ap nella commissione giustizia non si fa pregare per tuonare contro, come suo solito, e ripete quanto ha già detto da Angelino Alfano: «La legge non fa parte del patto di governo della maggioranza». In buona compagnia, per esempio di Maurizio Gasparri, di Fi, che tuona contro le adozioni. Non le adozioni ‘nuove’ di una coppia omosessuale, già esclusa dalla legge, ma la cosiddetta stepchild adoption, cioè l’adozione da parte del partner del figlio di uno dei due. Insomma, una battaglia estenuante. Di fatto il movimento lgtb italiano si trova di fronte a un paradosso, costretto sostenere una legge che sconfessa il principio che ha orientato le lotte di questi anni: il diritto al matrimonio per tutt*,un diritto oggi affermato nel mondo occidentale, compresa la cattolicissima Irlanda. La solita anomalia italiana.