RAI: da Servizio pubblico ad apparato di governo

Di Vincenzo Vita esperto di comunicazione.

Alla fine di luglio il Senato ha approvato in prima lettura la (contro)riforma della Rai proposta dal governo. Ai primi di agosto ecco i nuovi vertici, tuttavia nominati sulla base della legge Gasparri mai abrogata e tuttora in vigore. Dopo il tormentone del «via i partiti», si appalesa la fotografia realistica della situazione: i partiti (ciò che ne residua) rimangono in sella come prima e più di prima; l’Esecutivo fa un’Opa sul servizio pubblico. Quest’ultimo è sempre stato, con pregi e difetti, sotto l’egida del Parlamento. Così sancì, dopo un vasto movimento riformatore di cui proprio l’Arci fu magna pars, la legge n.103 del 1975. Attenzione, però. Il passaggio dello scettro è avvenuto di fatto, non di diritto. Visto che la seconda lettura della Camera dei deputati non è iniziata e non se ne vedono le tracce. Ma sul piano politico e simbolico è come se già tutto si fosse consumato. Quindi, chissà se e quando il procedimento parlamentare si concluderà. Sembra un ‘non tema’, come i ‘non luoghi’ di Marc Augé. Tra l’altro, sul finire della discussione al Senato la ministra Boschi portò una modifica saliente: quando sarà varato il nuovo articolato, il direttore generale acquisirà i poteri del previsto amministratore delegato, il vero punto chiave dell’intera storia. Infatti, la recente conversazione con Il Foglio del neodirettore Antonio Campo Dall’Orto è il sintomo evidente di una aggiornata dialettica dei poteri ormai metabolizzata. Tante parole, sulle quali sarebbe doveroso eccepire nel merito, pronunciate con l’esibizione del rango di Ad, colui che ha in mano lo scettro delle decisioni importanti. E la neopresidente Monica Maggioni è stata un po’ risarcita, riacquisendo – con il voto unanime del consiglio di amministrazione alla prima riunione di settembre – le funzioni già attribuite alla predecessora Anna Maria Tarantola. Alla luce degli eventi, è lecito dire che la coppia Gubitosi-Tarantola è stata la prefigurazione della governance odierna, pur rimanendo nei vecchi confini. Ora, la ‘rottura’. Vale a dire, la scelta di passare dal Servizio pubblico ad un apparato di governo. Contro la giurisprudenza costituzionale e contro le pratiche europee. Insomma, dietro l’apparente continuità con la legge Gasparri e con le logiche tradizionali, si sta ridefinendo l’identità della Rai. Vedremo cosa accadrà nel 2016, quando scadrà la concessione con lo stato. Di che tipo di pubblico si parlerà?