L’Europa non trova risposte unitarie capaci di garantire diritti e accoglienza

Di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci.

L’Europa risponde a chi chiede protezione ‘aprendo il fuoco’, anziché offrire soluzioni concrete e garanti dei diritti umani. Le immagini che arrivano dall’Ungheria con i migranti che si accalcano contro le barriere di filo spinato, le cariche della polizia, la galera per chi riesce a passare la frontiera parlano di un paese che ha perso, insieme alla democrazia, ogni senso di umanità. E le poche voci di condanna che si alzano da qualche governo europeo sono ancora troppo flebili. Del resto, gli esiti fallimentari del Consiglio dei Ministri degli Interni dell’Ue, che si è svolto lunedì, danno esattamente conto della mancanza di una linea univoca non solo nella Ue, ma anche nei singoli paesi. Le proposte che avremmo voluto emergessero dal vertice europeo sono diverse. La più importante riguarda l’introduzione di una via d’acceso legale in Europa, cioè l’apertura di canali umanitari, con il rilascio di lasciapassare europei nelle regioni di transito. Oggi, di fatto, l’unica opportunità di fuga per chi cerca protezione è offerta dai trafficanti. La seconda proposta riguarda l’applicazione della Direttiva 55/2001 sui flussi straordinari nell’Ue e sull’attivazione della protezione temporanea. Che si sia di fronte a una situazione straordinaria è innegabile, quindi l’attivazione della Direttiva è doverosa e urgente. Consentirebbe una pianificazione condivisa, risorse straordinarie e un titolo di soggiorno europeo, superando così i problemi creati dal regolamento Dublino. Di simili proposte nella riunione di lunedì non si è proprio parlato. L’attenzione si è concentrata, ancora una volta, sulle politiche di controllo e ‘contenimento’. Tra le iniziative confermate c’è l’apertura degli hot spot (5 in Italia), che rappresentano la contropartita alla riallocazione dei profughi già presenti nel Paese. Il governo greco e quello italiano, che dovrebbero usufruire dell’accordo per la riallocazione di 40 mila persone in due anni, si dovranno impegnare, accettando una sorta di commissariamento europeo, a fotosegnalare tutti coloro che arrivano. Ovviamente questo porterà a un aumento delle domande d’asilo. Ma ciò che più preoccupa è il rischio di violazione dei diritti. Quali sono i criteri in base ai quali verrà deciso chi avrebbe diritto a restare e chi no? Per definire chi ha diritto all’asilo la legge italiana prevede che si valutino caso per caso le domande secondo la procedura. Del tutto arbitraria sarebbe inoltre la previsione di inviare ai centri d’accoglienza coloro che si fanno fotosegnalare, considerandoli richiedenti asilo, e di respingere, inviandoli ai CIE e prima ancora negli hub chiusi collocati al sud, coloro che rifiutano l’identificazione. Preoccupa poi il rafforzamento delle azioni volte ad impedire gli arrivi, esternalizzando le frontiere, e a favorire le espulsioni come deciso dal Consiglio Europeo JAI: dal rafforzamento di Eunavfor Med, alla lista di Paesi ‘sicuri’. Speriamo che l’opinione pubblica percepisca la gravità di queste decisioni e si mobiliti per respingerle. Dopo la grande risposta delle marce dello scorso 11 settembre, dovremo pensare a tornare in piazza, con un grande appuntamento europeo, per fermare decisioni che possono produrre solo altre violazioni dei diritti e nuove morti.