La rivoluzione a colpi di bouquet entra alla Camera

Pubblichiamo l’intervista a Maria Pecchioli, regista del documentario Lei disse sì che l’Arci ha proiettato alla Camera lo scorso 29 settembre. Era presente, oltre alla regista e alle due protagoniste Lorenza Soldani e Ingrid Lamminpää, la presidente nazionale dell’Arci. Maria, ci racconti il percorso che ha portato alla realizzazione del documentario ‘Lei disse sì’? Lei disse sì è un percorso iniziato a fine 2012 quando Ingrid e Lorenza hanno annunciato ai loro amici l’intenzione di sposarsi nell’estate successiva. Tra la sorpresa e l’emozione ho preso consapevolezza di poter dare voce attraverso la loro esperienza a tutte le coppie omosessuali che in Italia non hanno diritto a sposarsi. Insieme ad Ingrid e Lorenza abbiamo raccontato in prima persona i preparativi del matrimonio e abbiamo lanciato sul web un videoblog che raccoglie pillole video del loro quotidiano. Abbiamo ricevuto tanti ringraziamenti e complimenti per un racconto che uscendo dagli stereotipi consente uno sguardo vivace e allegro di un amore che sta per consolidarsi dando spazio alla quotidianità e la vita di una coppia lesbica. L’entusiasmo e la complicità di una larga fetta della società civile, oltre che il vuoto legislativo, ci ha convinto dell’urgenza di portare avanti la documentazione su questo percorso di vita, abbiamo così attivato una raccolta fondi (crowdfunding) per raccogliere il budget necessario alla produzione del documentario, che racconta il viaggio di Ingrid e Lorenza attraverso l’Europa, fino in Svezia dove il percorso di amore e relazione della coppia può consolidarsi attraverso il matrimonio come rito e come progetto di vita comune. Come viene accolta la presentazione del documentario in giro per l’Italia? Il documentario, uscendo dall’idea di inchiesta e reportage, ha la forza dell’inclusività, coinvolge in modo diretto lo spettatore portandolo in viaggio con le spose e con la comunità di amici che le accompagnano. Questa immediatezza e coinvolgimento spingono il pubblico ad uscire dall’opinione e accendere una riflessione più diretta e meno pregiudiziale sul tema dei diritti civili. Solitamente il pubblico italiano tende a sottolineare l’assenza della famiglia di Ingrid partecipando emotivamente a questo vuoto, riflettendo quindi su quanto l’emarginazione e il pregiudizio sono strumento di dolore e separazione per tutta la società, dove la condivisione e la partecipazione ispirate dallo spirito egualiatario sono invece motore di benessere e rispetto. Al tempo stesso si prende consapevolezza di non poter delegare esclusivamente ad individui o a nuclei familiari la responsabilità sui temi di diritto ed eguaglianza; è invece necessario l’intervento dello Stato a proteggere i diritti di tutta la cittadinanza e delle minoranze in modo da consentire ad ogni cittadino di realizzarsi nella propria felicità e nella dignità di essere umano. Cos’ha significato per voi poter presentare il documentario alla Camera dei Deputati, anche alla luce del continuo rinvio in Parlamento dell’approvazione della legge sulle unioni civili? Presentare il film alla Camera è stato per noi un passo importante, un punto d’arrivo rispetto al nostro percorso che si propone come rinnovato inizio e spinta al dialogo che la comunità Lgbtq porta avanti da tempo verso un cambiamento tangibile della politica. Vero è che pur ponendoci come strumento di sensibilizzazione e riflessione col mondo politico, la nostra energia si concentra molto fuori dai palazzi perché pensiamo che le persone e i nostri concittadini siano il vero motore del cambiamento grazie a un rinnovato senso delle parole eguaglianza, libertà e fratellanza. Non ci stupisce l’ennesimo rinvio della discussione di un decreto legge già minato e rastrellato da un numero infinito di emendamenti che lo fanno sembrare una forma di formaggio più che un passo avanti rispetto ai diritti civili. In ogni caso confidiamo nella grande forza positiva e ispiratrice che arriva dall’Irlanda, l’Europa e la Corte costituzionale americana. Forse i giochi della politica non sono pronti, ma il popolo italiano, in tema di diritti, perché dovrebbe essere da meno di quello di altri paesi democratici? L’Arci, insieme ad altre associazioni LGBTI, aderisce alla campagna #lostessosi per il matrimonio egualitario, che ha finora raccolto circa 15mila firme online. Pensate che questo strumento, così come il vostro blog, sia utile per sensibilizzare le persone su questo tema? Portare un messaggio di sostegno ai diritti negati all’individuo anche laddove non se ne sia coinvolti in prima persona, ma per senso civico ed etico, muove al rispetto della dignità umana, è un segno forte e tangibile della cura impiegata nel migliorare la società civile. In questo quadro crediamo che l’impegno di Arci e di tutti i soggetti coinvolti nella campagna #lostessosi sia un esempio positivo, non solo utile ma indispensabile alla sensibilizzazione e al coinvolgimento.