La Carovana Antimafie con la Ligue de l’Enseignement du Bas-Rhin

Una bella lezione di vita e impegno.

Di Pascal Politanski, vicepresidente della Ligue de l’Enseigment du Bas-Rhin.

Gli scorsi 12 e 13 ottobre, la Carovana Antimafie ha fatto tappa in Alsazia, a Strasburgo e a Illkirch-Graffenstaden, su invito della Ligue de l’Enseignement 67 (Dipartimento del Basso Reno). Un passaggio fortemente significativo, non solo per i militanti della Ligue de l’Enseignement, ma anche per i giovani liceali delle scuole ‘Jean Rostand’ (Strasburgo) e ‘Le Corbusier’ (Illkirch). Tre cittadini italiani impegnati in Italia nella costruzione di percorsi di lotta alle mafie (Alessandro Cobianchi, Grazia Moschetti e Maria Giovanna Italia, accompagnati dalla studentessa Valeria Schiavi) ci hanno permesso di avvicinarci, attraverso il loro racconto, ad un fenomeno che a prima vista sembra complesso e oscuro… un fenomeno di fronte al quale siamo disorientati perchè non sappiamo come affrontarlo in maniera appropriata e nemmeno come agire. Ma ne va della nostra umanità e del futuro della nostra democrazia. Di seguito, qualche riflessione più approfondita sulla tappa della Carovana.

Una prima questione, quella dei media.

Che la terza Guerra Mondiale possa nascere dall’aumento degli integralismi religiosi? Questo tema è stato ampiamente trattato dai media al momento del passaggio della Carovana. Tematica senza dubbio pertinente e necessaria per prendere coscienza di ciò che rappresenta un problema che riguarda ormai tutti i paesi europei e molti altri ancora. A ragione, i media focalizzano su questo argomento l’attenzione dell’opinione pubblica. Ma la ‘guerra mondiale’ condotta dalla criminalità organizzata è una guerra di lungo corso e non ne siamo sufficientemente informati. Sarebbe interessante se i media raccontassero le interconnessioni del crimine e fornissero le informazioni necessarie (ce ne sono molte ma non vengono pubblicate) a comprendere come le reti criminali investano negli ambienti del terrorismo. Le minacce sorte a partire dal Medio Oriente non danno scampo, nemmeno se lontane. Il fatto è che le mafie si infiltrano nel nostro quotidiano attraverso la circolazione di soldi provenienti da attività criminali e fanno del terrorismo una delle strade predilette per il riciclaggio dei loro profitti e l’accumulo di capitale, così come accade con il lavoro nero, la prostituzione, e più recentemente con i crimini informatici.

Una seconda questione: l’azione politica degli Stati e dell’Europa.

La società civile e le organizzazioni di cittadini continuano ad essere un passo avanti, rispetto alle politiche statali, in materia di consapevolezza e risposta al problema della criminalità organizzata? Il 23 maggio del 1992 la mafia italiana uccideva il giudice Giovanni Falcone per il suo impegno antimafia. Un gruppo di cittadini organizzati dell’Arci si metteva in cammino esercitando una pressione democratica sufficientemente forte per influenzare un cambiamento legislativo. Ai tempi infatti la legge italiana prevedeva la confisca ma non il riutilizzo sociale dei beni. In Italia si procede alla «confisca dopo la condanna penale del proprietario dei beni», portando le organizzazioni criminali a giustificare davanti a un tribunale l’origine dei suddetti beni. Una misura efficace, che permette a cittadini e associazioni della società civile di utilizzare i beni confiscati, che per legge devono essere utilizzati per scopi sociali. Per esempio, in Calabria o in Sicilia, le terre confiscate alle mafie sono utilizzate da cooperative che producono olive e altri prodotti agricoli. La cittadinanza costruisce insieme la lotta al crimine. Questa visione giuridica è al centro della lotta alle mafie, ma resta – purtroppo – un’eccezione tutta italiana in seno all’Unione Europea. Senza l’obbligo di questa misura le polizie giudiziarie di tutti gli Stati membri non possono di certo lavorare efficacemente.

La terza questione: il modello economico.

Quale modello economico potrebbe ostacolare l’azione delle mafie? A priori nessuno, come dimostra la presenza delle mafia attraverso la storia. Seppur consapevoli di quanto sia sacrosanta la regola della libera circolazione di beni, prodotti e persone, essa è il pilastro del modello economico capitalista e favorisce reti criminali e riciclaggio finanziario dei loro proventi illeciti. Ma gli Stati europei continuano ancora a spingere per la deregolamentazione e, in assenza di regole e di controlli, le mafie proliferano e impongono le proprie di regole, contribuendo alla corruzione delle nostre democrazie. Le mafie si beffano delle frontiere che diventano sempre più labili, permettendo la circolazione di capitali sporchi e insanguinati attraverso tutto il pianeta, approfittando della suddetta deregolamentazione economica e avvantaggiandosi del capitalismo numerico.

Una soluzione da rimarcare con assoluta urgenza.

Tutti questi sviluppi dovrebbero renderci ancora più vigili sul modello educativo all’interno delle nostre società, dal momento che le popolazioni sono rese fragili quando vittime delle reti criminali diffuse ovunque. La lotta delle associazioni di educazione popolare come la Ligue de l’Enseignement, l’Arci e gli altri soggetti dell’antimafia, così come dei coordinamenti europei legati alla società civile, è essenziale. Il nostro compito deve essere lottare per l’introduzione, su scala europea, della normativa sul riutilizzo sociale obbligatorio dei beni affianco alla confisca. Chiaramente questa azione resta fortemente legata all’impegno per l’educazione popolare, che assicura «la promozione dell’educazione e della cittadinanza attiva» come forma di lotta contro tutte le forme di criminalità dannose per la società (criminalità organizzata, corruzione, delinquenza sociale, economica e finanziaria). È questa l’emergenza che mette a repentaglio le nostre democrazie!

Info : www.carovanaantimafie.org