250mila persone a Berlino e più di 3 milioni di firme per fermare il TTIP

Di Alberto Zoratti, Fairwatch /Stop TTIP Italia.

Oltre 250mila persone a Berlino il 10 ottobre contro il TTIP e i trattati di libero scambio rappresentano un simbolo, numerico, di quello che significano le politiche di liberalizzazione commerciale europee agli occhi dei cittadini e delle cittadine. Nonostante le continue sottostime e banalizzazioni della protesta portate avanti da Commissione Europea e Governi dei Paesi membri, che rappresentano le campagne Stop TTIP come complottiste, facendo riferimento allo spettro evocato dell’invasione da Ogm e da carne agli ormoni a trattato concluso, le preoccupazioni vengono via via consolidate da report, ricerche che lentamente mettono in discussione e smitizzano le posizioni ufficiali dell’Unione europea. La questione posta dalle centinaia di migliaia di persone in piazza in tutta Europa, e in Germania in particolare, e dalle oltre 3 milioni e duecentomila firme consegnate alla Commissione Europea non è più rimandabile, e chiede conto dell’impatto reale che un’apertura così spinta dei due mercati transatlantici potrebbe portare sullo scenario economico e sociale del Vecchio Continente. Sono oltre 22 milioni di piccole e medie aziende europee, con un numero di addetti che viaggia abbondantemente sotto le 250 unità. Solo una piccola parte ha come mercato di riferimento quello statunitense, mentre oltre l’85% si rivolge a quello europeo o a mercati di sbocco vicinali. Oltre il 60% dell’occupazione in Europa si deve all’attività di queste imprese, che guadagnerebbero, e molto, da un consolidamento del mercato interno, più che dall’apertura di possibilità così distanti come quelle offerte oltreoceano. Il rischio di un riorientamento dei flussi commerciali, che aumenterebbero gli scambi Usa-Ue diminuendo quelli intraUe, e di un’entrata di prodotti a basso costo molto più competitivi potrebbero mettere fuori gioco una parte dell’ossatura economica europea, così come successe con il NAFTA, firmato nel 1994, che portò alla scomparsa di oltre 400mila posti di lavoro negli Stati Uniti e di oltre un milione e mezzo in Messico. Un negoziato, arrivato all’11° round negoziale, che non tiene conto di questi aspetti. Così come non considera l’effetto che un sistema di tutela degli investimenti come l’ISDS (l’arbitrato privato) o l’ICS (la sua riforma più avanzata proposta dall’UE) potrebbe avere sui sistemi giuridici e sull’economia dei nostri Paesi. La determinazione dei negoziatori di concludere un testo base entro il 2016, per poterlo approvare sotto l’Amministrazione Obama (soprattutto dopo la conclusione del Trattato Transpacifico, il TPP, giusto un mese fa), si scontra con un’opinione pubblica sempre più critica, proprio perchè più informata. I documenti negoziali pubblicati, e analizzati dalle reti della società civile, mostrano criticità e paradossalmente smontano le rassicurazioni della Commissione Europea e del Governo italiano. I prossimi mesi saranno campali per consolidare ulteriormente un’opposizione sociale, che potrebbe essere un punto di partenza importante per rilanciare l’azione e l’agenda dei movimenti sociali della vecchia Europa.