Espulsioni, accordi con i paesi di origine e militarizzazione delle frontiere

Di Sara Prestianni, ufficio immigrazione Arci.

Il bilancio dei morti alle frontiere si fa ogni giorno più tragico. Ma ad ascoltare le conclusioni del Consiglio Europeo del 15 ottobre scorso, questi morti non esistono, non sono più citati. Le parole solidarietà e salvataggio sono scomparse. La promessa di fermare l’ecatombe alle frontiere europee non sembra più una priorità. Dopo l’annuncio della ricollocazione di 160mila rifugiati già arrivati sul territorio europeo, le sole misure sono quelle di contenere gli arrivi e di espellere quelli che sono arbitrariamente considerati migranti economici. Le priorità dell’UE sono chiaramente definite nelle conclusioni del Consiglio: collaborazione con i paesi terzi, rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne e moltiplicazione delle espulsioni. La diplomazia europea sta concentrando i suoi sforzi nelle trattative con la Turchia per evitare che i migranti arrivino in Europa e con i Paesi Africani per espellere quelli già arrivati. In cambio di un sostegno incondizionato alle prossime elezioni e la promessa di riaprire la discussione per il processo di adesione, l’UE chiede in cambio alla Turchia di riattivare l’accordo di riammissione – che faciliterebbe l’espulsione di chi ha anche solo transitato per questo paese – oltre ad impegnarsi a trattenere i profughi siriani sul suo territorio. Sembra contare poco che in Turchia ci siano 2 milioni di siriani che vivono in un limbo e che ne siano entrati in Europa meno di 300mila. La logica dello scambio di favori, in cui i migranti sono merce da scambiare in cambio di accordi politici ed economici, è scritta nero su bianco in vari documenti. Si ufficializza cosi una delle pratiche abituali della diplomazia italiana, che nel corso degli anni ha regalato motovedette a Libia, Egitto e Tunisia, mezzi di controllo terrestre a Gambia e Niger oltre a trattare accordi per il gas e petrolio sulla pelle di migliaia di migranti. Il Consiglio ha previsto anche come procedere nel caso in cui i paesi di origine si oppongano agli accordi di riammissione, prevedendo l’utilizzo di laissez-passer, documenti che permettono di espellere senza avere l’accordo dei consolati. Il Governo Italiano sembra allinearsi perfettamente con le pratiche repressive europee visto il moltiplicarsi di provvedimenti di respingimento per uomini e donne appena sbarcati in Italia. Gli hot-spot, oltre ad essere il luogo dell’identificazione obbligatoria per chiunque arrivi, hanno lo scopo di differenziare chi ricollocare in altri paesi europei e chi invece considerare, con un analisi sommaria, migrante economico da espellere. Se i cittadini in provenienza da paesi con cui l’Italia ha firmato un accordo di riammissione – Tunisia, Egitto e Nigeria – sono espulsi rapidamente, gli altri ricevono un provvedimento di respingimento che li obbligherà a vivere in clandestinità. L’Arci, nell’ambito del progetto di monitoraggio delle politiche di esternalizzazione, denuncia gli effetti perversi di tali politiche e allerta sulla deriva repressiva presa dall’UE e dall’Italia con pratiche che violano le convenzioni internazionali. L’Arci ricorda inoltre che la principale urgenza é quella di fermare le morti di frontiera, aprendo canali umanitari anziché erigere muri e militarizzare il Mediterraneo.