In Turchia la maggioranza assoluta al partito di Erdogan

Di Franco Uda, coordinatore nazionale Pace, solidarietà e cooperazione internazionale.

Preoccupa non poco la situazione creatasi in Turchia a seguito delle ultime elezioni politiche. L’Akp, il partito fondato dal presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan e guidato dal primo ministro Ahmet Davutoglu, ha raggiunto la maggioranza assoluta. A perdere consensi sono stati l’estrema destra del Mhp e il nuovo partito della sinistra filo-curda guidato dal giovane Selahattin Demirtas, il partito Democratico dei Popoli (Hdp). L’Hdp aveva superato il 13% dei voti a giugno, bloccando le aspirazioni presidenzialiste di Erdogan. Il 1 novembre ha perso oltre un milione e mezzo di voti, ma è riuscito comunque a superare l’alta soglia di sbarramento del 10% che gli permette di ottenere dei seggi in parlamento. Queste elezioni confermano la capacità di Erdogan e dell’Akp di rappresentare le istanze di quella Turchia conservatrice e tradizionalista ed emancipata grazie al miracolo economico (ormai esaurito) degli anni precedenti. Un miracolo economico che ha visto spostare gli equilibri economici dalla grande industria legata alla borghesia di Istanbul e Smirne, kemalista e laica, a quella delle piccole e medie imprese. I nuovi ricchi hanno conquistato Istanbul, ma sono rimasti legati al conservatorismo religioso. Nelle province curde invece è stato l’Hdp a confermarsi come prima scelta, arrivando addirittura oltre l’80% in alcune città. La vittoria di Erdogan è frutto di grande cinismo, di una campagna elettorale costellata da scandali, repressione della stampa, rallentamento dell’economia e da un autoritarismo sempre più lampante da cui era scaturita un’ondata di violenza crescente. Due attacchi terroristici hanno colpito manifestazioni della sinistra curda: un’esplosione a Suruc – 30 morti e più di 100 feriti il 20 luglio scorso – e ad Ankara un altro attentato ha ucciso il 10 ottobre più di 100 persone, ferendone circa 250, durante una marcia per la pace. La tregua tra il governo turco e il Pkk è saltata, facendo riprendere i bombardamenti dell’esercito turco, la caccia all’uomo, l’assedio della città di Cizre. Erdogan ha usato tutto questo per la sua campagna elettorale, la sicurezza sopra ai diritti, sulla sua capacità di proporsi come l’uomo in grado di stabilizzare il paese. Il paese è entrato ora in una fase di forte tensione, ci sono più attori coinvolti e meno manovrabili rispetto a un tempo. Erdogan per vincere le elezioni ha buttato a mare il suo principale successo politico, la tregua con il Pkk. La sua grande ambizione di trasformazione della Turchia trovava uno dei suoi pilastri nel dialogo con Abdullah Ocalan: presidenzialismo in cambio di autonomie territoriali. Il progetto è di trasformare la Turchia da repubblica a nuovo sultanato democratico, dove il presidente della Repubblica è eletto direttamente dal popolo e gode di ampi poteri, mentre il territorio si ricostituisce attraverso autonomie locali. L’Arci continuerà a seguire con attenzione le dinamiche sociali e politiche in Turchia anche attraverso la Rete di solidarietà col popolo curdo, con la quale ha rinnovato un proprio impegno diretto entrando a far parte del Coordinamento nazionale.