Respinta la richiesta di Arci di costituirsi parte civile nel processo ‘Aemilia’

Di Federico Amico, presidente Arci Emilia Romagna

Si è svolta a Bologna mercoledì la terza udienza preliminare del cosiddetto processo Aemilia. Si tratta a tutti gli effetti del primo processo sulla criminalità organizzata che si tiene in regione, sulla scorta di quanto emerso dall’inchiesta che si è conclusa lo scorso gennaio. Da quell’inchiesta è emersa con tutta evidenza una ramificatissima e diffusa presenza della ‘ndrangheta sul territorio emiliano romagnolo, presenza di cui da tempo si sospettava l’esistenza ma che con le indagini si è interamente palesata. Oltre 200 sono gli imputati oggi alla sbarra per rispondere di un complicato intrico di delitti di stampo mafioso che hanno come contesto la ricostruzione post-sisma, il riciclaggio, l’acquisizione di imprese per fini illeciti e, ovviamente molto altro ancora. Oltre agli affiliati alle cosche, sono imputati imprenditori, giornalisti, ex-calciatori, politici. Arci Emilia Romagna ha deliberato di presentare la propria costituzione come parte civile offesa a questo processo ad inizio ottobre, convinta che l’associazionismo di promozione sociale sia fattore essenziale perché i cittadini si auto-organizzino volontariamente per lo sviluppo e la tenuta della coesione sociale sul territorio. Cittadini che non vogliono rimanere solo spettatori dei fenomeni criminali che sono venuti alla luce con il processo cosiddetto Aemilia. Arci si è sempre detta per una legalità democratica, anche nei piccoli gesti quotidiani, e l’estensione e il radicamento della criminalità organizzata sul territorio emiliano romagnolo ha richiesto una forte presa di posizione da parte di tutti i soggetti sociali e ha spinto noi tutti a ‘metterci la faccia’. La presenza attiva anche in ambito processuale, infatti, nell’interesse non solo dei soci e delle vittime, ma dell’intera cittadinanza, avrebbe voluto rafforzare l’azione di Arci sul territorio e l’efficacia delle sue iniziative di contrasto alla presenza criminale. Nonostante il giudice abbia, nella sua articolata ordinanza, riconosciuto il valore delle attività di antimafia sociale e legalità democratica svolte negli anni dall’Arci in Emilia Romagna, la stessa non è stata ammessa quale parte civile poiché il suo Statuto indica l’impegno antimafia come una delle numerose attività e campi di intervento in cui opera complessivamente. Inoltre la formalizzazione esplicita, riportata nello stesso Statuto, che prevede la possibilità per Arci Emilia Romagna di costituirsi parte civile «nei processi penali per i delitti di cui agli art. 416 bis e 416 ter del Codice Penale», è stata introdotta con il congresso del marzo nel 2014, e quindi operativa a partire da quella data, ovvero un periodo successivo rispetto gli avvenimenti di cui sono indagati gli imputati del processo Aemilia. Ovviamente si tratta di una risoluzione per noi deludente, ma crediamo si possa dire che è stato in ogni caso un passaggio importante per la nostra associazione. Anche in risposta ad alcuni titoli di stampa che recitavano «L’Emilia ha paura della ‘ndrangheta», l’Arci non è rimasta semplice spettatrice, ma parte attiva nel testimoniare i valori fondanti della sua storia e del suo presente. Arci continuerà ovviamente il suo impegno di antimafia sociale, con le centinaia di iniziative sul territorio, organizzando i campi della legalità sui terreni confiscati e molto altro ancora. Sulla vicenda processuale è già impegnata con Libera nella cura del diario online: svegliatiaemilia.wordpress.com, a testimonianza dell’impegno dell’associazione per la promozione di una cultura della legalità nel nostro Paese.