In cammino verso la giustizia ambientale

Di Filippo Sestito, coordinatore nazionale Arci Ambiente, difesa del territorio, beni comuni.

Tra qualche giorno Parigi ospiterà la COP21, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che si svolgerà dal 30 novembre all’11 dicembre. L’obiettivo dei governi è raggiungere un accordo vincolante per limitare il riscaldamento climatico globale sotto i 2°C. I potenti del mondo continuano a ripetere come un mantra che sono in gioco le condizioni di esistenza di tutta l’umanità e che il rischio del fallimento della Conferenza di Parigi è dietro l’angolo. Così come, del resto, le misure concrete per ridurre le emissioni di gas serra e la dipendenza dai combustibili fossili e dal nucleare, che ancor oggi godono di 5 volte i sussidi pubblici rispetto alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica. Infatti, nel 2013 Gran Bretagna, Germania, Italia, Giappone e Francia hanno bruciato il 13% di carbone in più rispetto al 2009. Anzi, la Spagna di Rajoy mette una tassa sull’energia solare evidenziando come ci sia una vera e propria volontà politica di non far decollare le rinnovabili. Il governo Renzi autorizza le trivellazioni nel mare abruzzese contro la volontà di un’intera comunità. Ennesimo atto di arroganza del governo, che si presenterà alla conferenza di Parigi portando in dote questo regalo fatto alle multinazionali del petrolio, a cui si aggiungono i continui colpi inferti alle rinnovabili. Hollande sospende Schengen, dal 13 novembre al 13 dicembre, evocando la «minaccia di disordini». Nelle dichiarazioni ufficiali si sottolinea come le azioni dal basso siano essenziali, ma in realtà si fa poco o nulla per facilitare la partecipazione di migliaia di attivisti che non ricevono alcun sostegno, né per i visti né per gli alloggi collettivi. Il governo francese ha infatti scelto di dare soltanto 150mila euro alla Coalizione Clima, a fronte dei 2,2 milioni di euro del governo danese nel 2009. Se si superassero i 2°C di aumento della temperatura il livello del mare aumenterebbe di 5 metri entro il 2065, con un aumento di 4°C sarebbero a rischio i paesi del Mediterraneo, Nord Africa, Medio Oriente e America Latina. Se a questo aggiungiamo altre variabili quali il consumo di suolo, la carenza di risorse idriche, la cementificazione dei territori, le pratiche di land grabbing, le conseguenze sulla parte più indifesa delle popolazioni potrebbero essere enormi, tanto da provocare una vera e propria crisi umanitaria. Centinaia di milioni di profughi in prospettiva. Diventa, dunque, fondamentale operare una forte pressione popolare sui governi che a Parigi avranno la responsabilità di decidere del nostro futuro ed è per questo che il 29 novembre è stata indetta una marcia mondiale per il clima. In tante capitali del mondo i movimenti e la società civile scenderanno in piazza per far sentire la voce dei popoli, per ridurre il riscaldamento climatico sotto l’1,5°C, per un modello alternativo al neoliberismo, per la difesa dei beni comuni, dell’aria, della terra, dell’acqua e della salute dei cittadini. È giunto il momento di contribuire, ognuno per la propria parte, alla ricostituzione di un movimento capace di coniugare le battaglie globali sul clima e le azioni a difesa del territorio. Il 29 novembre i movimenti e le associazioni italiane scenderanno in piazza a Roma, facciamo sì che questa giornata segni l’inizio di un nuovo protagonismo della società civile italiana!