Approvato alla Camera il nuovo Codice Antimafia

Di Davide Vecchiato coordinatore nazionale Arci Antimafia sociale e Legalità democratica.

Dopo due anni di discussioni, confronti, audizioni il nuovo Codice Antimafia legge 1138 è passato alla Camera dei Deputati. Si tratta di una corposa riforma del DL 159 del 2011, il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, che conferisce maggior rigore ed efficacia alle norme relative al sequestro e alla confisca dei patrimoni mafiosi, con l’obbiettivo di superare le attuali criticità e garantire una gestione dei beni improntata a criteri di efficienza ed economicità. Ma veniamo ai fatti, pochi dati bastano a fotografare la gravissima dimensione del problema: si stima che l’economia criminale valga il 7% del Pil nazionale, 137 miliardi di volume di affari e oltre 100 miliardi di utili. Sommata all’economia sommersa raggiunge i 200 miliardi, il 12% del Pil. Questa proposta di legge di iniziativa popolare è stata sostenuta da un vasto schieramento di associazioni, tra cui Arci, Cgil, Libera, Avviso Pubblico, Acli e Legacoop, Centro Studi Pio La Torre, Sos Impresa che, dopo aver raccolto le firme necessarie, il 3 giugno 2013 hanno consegnato il testo alla Presidente della Camera Laura Boldrini. Come aveva felicemente intuito Pio La Torre, storico sindacalista e poi deputato del PCI ucciso dalla mafia nel 1982, le mafie vanno sfidate anzitutto sul terreno economico e sociale sul quale costruiscono il loro potere e il consenso su cui contano, con azioni concrete di ‘bonifica’ delle economie locali. In questo senso, la confisca e l’utilizzo sociale dei beni sequestrati alle mafie, previsti dalla legge 109/96, si sono rivelati uno strumento di straordinaria efficacia nella lotta alla criminalità organizzata. Anzitutto perché colpiscono le mafie in ciò che hanno più a cuore: gli interessi economici, il patrimonio. Confiscare quelle loro ricchezze e restituirle alla collettività è lo schiaffo più pesante che si possa dare ai mafiosi. Ma l’esperienza di quasi vent’anni di attuazione della medesima legge evidenzia anche limiti, ritardi e lentezze burocratiche che spesso rischiano di inficiarne l’efficacia. Il problema è ancor più evidente quando il sequestro e la confisca riguardano attività imprenditoriali che danno lavoro a decine di cittadini onesti e incolpevoli. Spesso queste aziende, tanto nella fase giudiziaria che in quella sotto il controllo dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati, incontrano difficoltà insormontabili nel proseguire l’attività economica. La frammentarietà delle norme e le criticità emerse nel corso degli anni, infatti, portavano più del 90% delle imprese sottratte alla criminalità organizzata a fallire dopo la confisca o il sequestro. La nuova legge si muove su un doppio binario: da una parte presenta misure di contrasto sistematico alle organizzazioni criminali per colpirle dritte al cuore, cioè nelle imprese illecite; dall’altra prevede misure economiche di sostegno alle imprese stesse affinché continuino la propria attività anche dopo la confisca o il sequestro. Tra le misure contenute: le modifiche al ruolo e alle funzioni dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati; l’istituzione di un nuovo Fondo per il credito delle aziende sequestrate; l’ampliamento dei soggetti attivi e passivi; la tutela dei terzi creditori; la trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari; la delega al Governo per individuare specifici incentivi e ammortizzatori sociali per i lavoratori delle aziende confiscate e sequestrate; le misure contro il caporalato. Purtroppo, invece, non è ancora stata affrontata totalmente l’attribuzione del fondo di garanzia, per la migliore conservazione e utilizzo dei beni immobili, e per consentire agli assegnatari di fare fronte alle più urgenti necessità. Particolare attenzione invece sul terzo settore, per i beni sequestrati in genere, e in particolare per i beni immobili destinati dopo la confisca al riutilizzo a fini sociali. Sono state recepite le migliori prassi dirette a una rapida assegnazione, seppur provvisoria e in attesa della definizione del procedimento, anche alle associazioni, per consentire da subito la conservazione del bene e poi l’accelerazione della destinazione finale. Un esempio è l’ex sala giochi di via Cuzzocrea di Reggio Calabria, in cui l’Arci sta portando avanti un’esperienza virtuosa. La legge è un passo importante per il nostro paese, per affermare la cultura della legalità investendo nelle ‘persone normali’. Solo così si possono tutelare tutte le persone che vi lavorano e smentire l’odiosa convinzione che «la mafia dà lavoro, lo Stato no» e fare un passo in più per l’etica e i doveri di chi lavora nell’antimafia, anche se il cammino è ancora lungo per ognuno di noi.