I generi cinematografici al Torino Film Festival

Di Roberto D’Avascio presidente Arci Movie.

Al Torino Film Festival è possibile fare, ancora oggi, delle esperienze di cinema che Steve Della Casa, già prestigioso direttore della kermesse torinese qualche anno fa, definirebbe ‘croccanti’: si tratta di visioni che oscillano continuamente tra tradizione e innovazione, eccentriche rispetto al canone dei generi, ma capaci di dialogare con grande facilità con un pubblico popolare. In questo senso il festival torinese, già erede del precedente Torino Cinema Giovani, sembra porsi quale rassegna di grande qualità, anche rispetto alla più blasonata Mostra del Cinema di Venezia, per uno spiccato senso della ricerca di linguaggio, in particolare nella capacità di comporre un programma internazionale che rimette continuamente in discussione i generi cinematografici. In questo senso, i film che a chi scrive sono sembrati più interessanti e stimolanti tendono a proporre implicitamente una riflessione esattamente su come certe tradizioni cinematografiche siano capaci di continuare a produrre opere significative. Tutto ciò riformulando i confini del genere, da una parte trasformandone i codici identificativi, dall’altro ribadendone l’essenza normativa. Parodia: Moonwalkers di Antoine Bardou-Jacquet, che ci presenta la Londra degli anni Sessanta, in cui una agente della CIA, Tom Kidman, deve contattare Stanley Kubrick, per convincerlo a girare alcune scene di un falso allunaggio, è una commedia surreale, oscillante tra situazione scurrile e raffinato citazionismo, capace di fare parodia su tutta la filmografia del grande regista di Arancia Meccanica. Melodramma: Brooklyn di John Crowley, che racconta la storia coraggiosa della giovane irlandese Ellis, che negli anni ’50 parte alla volta di New York alla ricerca di un lavoro e di una nuova vita, mostra una vecchia storia d’amore e di dovere, Libri, musica e tante voci per sostenere i lavoratori Saeco di passione e di onore, di drammatiche partenze e tragici ritorni in una ricollocazione estetica di precisa modernità. Horror: due film, The Hallow dell’inglese Corin Hardy e The Final Girls dell’americano Todd Strauss-Schulson. Mentre il primo affronta il tema delle presenze demoniache risvegliate da un ricercatore ambientalista che si installa in una foresta ritenuta sacra dalle superstizioni locali, il secondo catapulta un gruppo di ragazzi dentro le pericolosissime vicende di un film horror cult: dal primo al secondo film si passa con grande vigore estetico dalla riproposizione su grande schermo del tema antropologico della paura alla sua riformulazione postmoderna in chiave spettacolare e di riflessione metalinguistica. Infine, nel concorso dedicato ai corti va segnalato il passaggio dell’opera Il Foglio di Silvia Bellotti, nato all’interno di una produzione Arci Movie di Napoli.